Il Vescovo in udienza dal Papa

 

Il Papa con il primario del pronto soccorso di Lodi Stefano Paglia
Il Papa si intrattiene con SE Mons. Malvestiti

Il vescovo Maurizio con 4 sacerdoti, medici, infermieri e rappresentanti della protezione civile lodigiani erano presenti a Roma per l’udienza concessa dal Santo Padre alle rappresentanze delle Regioni del Nord Italia colpite dall’epidemia, sabato 20 giugno nella sala Clementina in Vaticano, a 4 mesi esatti dal primo caso diagnosticato. Le delegazioni delle Diocesi di Milano, Lodi, Bergamo, Brescia, Crema, Cremona erano accompagnati dal presidente della Regione Attilio Fontana.

«La pandemia ha segnato a fondo la vita delle persone e la storia delle comunità. Per onorare la sofferenza dei malati e dei tanti defunti, soprattutto anziani, la cui esperienza di vita non va dimenticata, occorre costruire il domani: esso richiede l’impegno, la forza e la dedizione di tutti. Si tratta di ripartire dalle innumerevoli testimonianze di amore generoso e gratuito, che hanno lasciato un’impronta indelebile nelle coscienze e nel tessuto della società, insegnando quanto ci sia bisogno di vicinanza, di cura, di sacrificio per alimentare la fraternità e la convivenza civile», ha ricordato il pontefice dopo aver espresso viva riconoscenza a medici, infermieri e a tutti gli operatori sanitari, in prima linea nello svolgimento di «un servizio arduo e a volte eroico».

«In questi mesi – ha inoltre sottolineato papa Francesco nel suo discorso – le persone non hanno potuto partecipare di presenza alle celebrazioni liturgiche, ma non hanno smesso di sentirsi comunità. Hanno pregato singolarmente o in famiglia, anche attraverso i mezzi di comunicazione sociale, spiritualmente uniti e percependo che l’abbraccio del Signore andava oltre i limiti dello spazio. Lo zelo pastorale e la sollecitudine creativa dei sacerdoti hanno aiutato la gente a proseguire il cammino della fede e a non rimanere sola di fronte al dolore e alla paura. Questa creatività sacerdotale che ha vinto alcune, poche, espressioni “adolescenti” contro le misure dell’autorità, che ha l’obbligo di custodire la salute del popolo. La maggior parte sono stati obbedienti e creativi. Ho ammirato lo spirito apostolico di tanti sacerdoti, che andavano con il telefono, a bussare alle porte, a suonare alle case: “Ha bisogno di qualcosa? Io le faccio la spesa…”. Mille cose. La vicinanza, la creatività, senza vergogna. Questi sacerdoti che sono rimasti accanto al loro popolo nella condivisione premurosa e quotidiana: sono stati segno della presenza consolante di Dio. Sono stati padri, non adolescenti. Purtroppo non pochi di loro sono deceduti, come anche i medici e il personale paramedico. E anche tra voi ci sono alcuni sacerdoti che sono stati malati e grazie a Dio sono guariti. In voi ringrazio tutto il clero italiano, che ha dato prova di coraggio e di amore alla gente».

 

  • Articoli de il Cittadino del 22/06/2020

Sala Clementina del Palazzo Apostolico alle 11 di sabato 20 giugno 2020

Con Papa Francesco sui sentieri della prossimità e della tenerezza

L’ho subito ricordato ai seminaristi ieri sera, conferendo il ministero dell’accolitato, il passo che precede il diaconato, a Massimo e Nicola, affinché si preparino ad essere appello vivente “alla prossimità e alla tenerezza”, soprattutto verso i poveri e i malati. Sono doni – ha detto papa Francesco – “che fanno bene a tutti”. E sembrava recuperasse il ricordo di una soddisfazione sperimentata nei giorni pesanti e prolungati dell’isolamento grazie ai numerosi esempi di dedizione al prossimo, di cui siamo stati fortunati spettatori. Ne abbiamo dato prova anche noi lodigiani durante la pandemia, per molti attingendo “prossimità e tenerezza” dalla Messa celebrata “senza i fedeli ma per tutti i fedeli”; ricordando, giorno dopo giorno, i molti che ci lasciavano, con la certa speranza di non averli perduti per sempre per quella risurrezione di cui è portatrice l’Eucaristia; mai permettendo che si spegnesse la speranza, particolarmente nelle giovani generazioni. Il Santo Padre ha citato tutte le componenti di quella sollecitudine emersa con evidenza nei mesi di lockdown. Si tratta di una risorsa umana che può e deve tuttora operare contenendo le pesanti conseguenze di quanto è avvenuto. È compito di politici ed economisti. Ma è una chiamata affinché l’opinione pubblica faccia la sua parte nella vigilanza e nel sostegno alla ripresa, che è colma di speranza ma già sperimenta quanto sia accidentato l’itinerario appena intrapreso. Il riconoscimento del cammino da noi compiuto nella sofferenza e nella speranza, si è amplificato nel passaggio di papa Bergoglio davanti a ciascun partecipante per un saluto personale. Ad uno ad uno. Fino in fondo all’ampia sala Clementina al secondo piano del Palazzo Apostolico, una volta varcate le splendide logge di Raffaello. E così confermava, lui, vescovo di Roma, chiamato a presiedere l’universale carità, che “solo insieme” si procede nelle tempeste della storia. Sembrava dargli eco silenziosa la scena raffigurata su una grande parete: l’agitato “mare di Galilea” per il vento furioso che Gesù avrebbe sedato davanti agli apostoli incerti nella fede. Tra prima e seconda loggia, avremmo poi visto lo stesso Pietro, “uomo di poca fede”, secondo l’ammonimento di Gesù, raffigurato mentre si avventura dubbioso e insicuro sulle acque. Solo insieme si vincono chiusure e individualismi, nel riconosciuto bisogno gli uni degli altri. In tutto. Economia e politica, certamente, ma anche cultura ed educazione, e via dicendo per ogni ambito della vita sociale, col lavoro tremendamente penalizzato. E ancor più nello scambiarci valide ragioni per l’esistenza. Senza timore nel condividere la fede, con la sapienza sul vivere e sul morire di cui dispone, quale dono e non conquista personale, da destinare a tutti proponendola con rispetto, anzi amichevolmente, tramite la più perseverante solidarietà. Nel breve dialogo personale col Papa ho potuto ringraziarlo per il rincorrersi dei suoi gesti di vicinanza, a cominciare dall’indimenticabile telefonata del 6 marzo. E poiché ho citato l’ora esatta (le 11.08), ha risposto con un sorriso molto rasserenante, consegnandomi la benedizione per tutti, non mancando di citare il caro don Enrico Pozzoli di Senna Lodigiana, che lo ha battezzato. Dopo l’udienza, noi lodigiani ci siamo avventurati con altri partecipanti per le logge verso la sala ducale e la sala regia, con tappa nella cappella Paolina per ammirare il testamento pittorico di Michelangelo. Due scene a confronto: da un lato la crocifissione di Pietro, con gli occhi stravolti per l’ultimo respiro imminente a catturare il cuore di chi guarda lasciando intendere che non sarebbe stata la fine; dall’altro la folgorazione di Paolo, a terra, sconvolto dal braccio potente del Risorto, che lo sovrasta emulando quello del Cristo Giudice della contigua Cappella Sistina. Due squarci di tremenda bellezza, tanto eloquenti per noi. Una parabola del recente passato e del domani: Pietro che ha aperto le porte della Casa di Dio a quanti ci hanno lasciato; Paolo che annuncia il “braccio potente” del Signore capace di fermare il male che ancora si nasconde tra noi affinché guardiamo avanti con respiro più lieve. Prima di scendere verso la Basilica di san Pietro dalla berniniana Scala Regia, non è mancata la preghiera che il Papa aveva chiesto per sé, congedandosi al termine dell’incontro.
+Maurizio, vescovo

 

Messa del vescovo nelle grotte vaticane

Sabato 20 giugno 2020 h 7.45-Cappella Gregoriana

Sabato 20 giugno la ripresa delle celebrazioni nelle grotte vaticane. Là, presso il luogo di sepoltura dell’apostolo, a ridosso del cosiddetto “muro rosso” con la famosa scritta in greco: Pietro è qui. E la colonnina (anteriore alla fine del secondo secolo), che formava il trofeo, detto di Gaio, dal nome del sacerdote che ne lasciò descrizione storica. Il vescovo Maurizio vi ha celebrato prima di recarsi dal Papa, con monsignor Paolo Braida, che ricordava l’anniversario di ordinazione, mons. Iginio Passerini, parroco di Codogno, monsignor Gabriele Bernardelli, parroco di Casale e Terranova, don Luca Maisano, parroco di Castelnuovo, Meleti e Maccastorna guarito dopo lunga degenza ospedaliera, don Andrea Tenca, parroco di Corte Palasio e cappellano “volontario” in tempo di Covid nell’ospedale maggiore di Lodi. La liturgia era quella del Cuore Immacolato di Maria, la quale “intercede il dono della quotidiana conversione per i sacerdoti affinché la loro crescita in santità rifluisca sui fedeli”. E poiché il vangelo la descrive mentre custodisce nel cuore “tutte queste cose”, monsignor Malvestiti ha esortato ad avvicinare sull’esempio della Vergine Madre gli eventi di Cristo e della chiesa alla nostra storia, comprendendovi la stessa pandemia. A 4 mesi esatti dal primo caso, quasi un segno, tra esultanza e smarrimento, evidenziati dalle letture. Lo smarrimento per la malattia, le perdite di vite umane talora sconcertanti, le gravi conseguenze che intravediamo. “Esultanza e smarrimento: costanti del vivere. Cerchiamo la prima e non raramente sperimentiamo la seconda. Nella pandemia abbiamo ricevuto un inderogabile compito: ricondurre tutto al paradosso dell’esultanza, di cui non possiamo fare a meno. Pregando per vivi e defunti, poiché tutti viviamo nel Signore, e nella dedizione caritatevole ricordando a tutti che si gioisce pienamente “solo” in Lui. Solo nella sua volontà si ha pace”.

 

condividi su