Incontro di preghiera dei sacerdoti

Lodi  Nella Chiesa del Seminario vescovile il vescovo ausiliare di Milano Paolo Martinelli, nato a Milano (1958), frate minore cappuccino, dottorato in teologia alla Gregoriana, Vicario Episcopale per la Vita Consacrata Maschile, gli Istituti Secolari e le nuove forme di Vita Consacrata., ha parlato al numeroso clero lodigiano guidato dal vescovo mons Maurizio Malvestiti nella foto il clero lodigiano guidato da mons Malvestiti, ascolta  mons Martinelli durante la  sua relazione teologica
L’incontro di preghiera, meditazione e approfondimento dei sacerdoti diocesani è innanzitutto un modo per incontrarsi in presenza, oltre che in spirito, nell’inizio della Quaresima. Ma, giovedì 18 febbraio, è stato anche un’occasione per ascoltare le parole di Paolo Martinelli, vescovo ausiliario di Milano, e responsabile regionale per la Pastorale della Salute, “delegato dei vescovi lombardi per un ambito divenuto cruciale in questo primo e, speriamo, ultimo anno di pandemia”, come l’ha introdotto il vescovo Maurizio.
Partendo dal tema della sinodalità, il vescovo Martinelli ha evocato il documento della Commissione teologica internazionale, spiegando come la “potenza del Risorto si esprime nella Cheisa attraverso la pluralità dei doni spirituali, o carismi, che lo Spirito elargisce per l’edificazione dell’unico corpo di Cristo”. In una frase, ha chiarito l’ambito della sua trattazione, introducendo il tema della pluralità che si fa unità, ma anche il tema dei doni spirituali, che si manifestano in modo diverso in ciascuno, a dimostrazione dell’importanza del contributo di tutti nel cammino del popolo di Dio, “perché possano portare frutto a favore di tutti, nella logica del mutuo servizio, poiché il dono supremo e regolatore di tutti è la carità”.
Il predicatore cappuccino ha ribadito che “il tema della sinodalità non può essere limitato alla celebrazione di un sinodo, ma si riferisce a uno stile di vivere l’esperienza ecclesiale, è un modo di appartenere alla Chiesa”.

Il cammino condiviso non può fare quindi a meno della pluralità, poiché “un corpo è forte quando è strutturato e non è uniforme”, ha aggiunto, ricorrendo ai documenti del Concilio Vaticano II, che ha riscoperto il valore dei carismi, ribadendo che “i pilastri del corpo ecclesiale sono tutti i battezzati, poiché hanno il senso della fede e sono animati dai carismi”: carismi a lungo osteggiati perché “qualcuno, in forza di una presunta esperienza dello Spirito, ha sollevato la pretesa di emanciparsi dalla struttura sacramentale, dalle sacre Scritture” ha chiarito, indicando invece come esempio san Francesco, che rimase sempre umilmente legato ai sacramenti, alla Chiesa cui spetta di riconoscere il carisma e valorizzarlo”. Tra tutti i carismi, però, Martinelli ha evidenziato una realtà incontrovertibile: “La carità non è un carisma tra gli altri, ma è condizione per l’esercizio di tutti i carismi e centro della vita cristiana”.

Testo di Federico Gaudenzi collaboratore de Il Cittadino

 

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