Proclamiamo la speranza in mezzo a povertà e contraddizioni

Un libro aperto. È l’immagine del sinodo, che la chiesa di Lodi sta vivendo con l’intera comunità ecclesiale. Ma il suo desiderio dichiarato va ben oltre la cattedrale, divenuta aula sinodale. Vuole giungere a tutti indistintamente i lodigiani e le lodigiane per avviare nuovamente un dialogo sulla vita e sulle sue prospettive. Sono comune responsabilità da elaborare insieme perché sia garantito un livello di dignità che consenta a ciascuno di dare il meglio di sé per l’utilità dell’insieme. Il sinodo si fa avanti invitando alla condivisione, senza pretese, ma con l’irrinunciabile convinzione di aver ricevuto una parola alta sul segreto che ci portiamo dentro.

L’immagine natalizia 2021 è questa splendida icona. L’ha scritta recentemente (…le icone si scrivono, insegna l’Oriente dove sono nate) un’artista lodigiana, Alberta Bozzi Ceresa, che ringrazio. È tratta dai mosaici della cattedrale di Santa Maria Nuova in Monreale (1174-89). Sotto il maestoso Pantocratore sta – sicura di sé a motivo di Colui che ha tra le braccia – la Madonna seduta in trono. È in abito da Basilissa (imperatrice). È il trono della Aghia Sophia (Santa Sapienza), che è il Verbo Incarnato. È la Theotòkos (Madre di Dio), titolo attribuitole a partire dal Concilio di Efeso (431). L’oro zecchino del fondo ne attesta la regalità insieme alla porpora indossata quale sovrana in una visione spesso cantata dai Padri della Chiesa. Il Bimbo Divino eleva la mano destra benedicente e nell’altra regge ben stretto il rotolo della Parola.

Nel Natale quel rotolo si svolge per assicurare che siamo nelle sue mani e nessuno da esse rapirà quelli che il Padre gli ha dati. Sono parole di Cristo, il Figlio di Dio, che nell’Incarnazione si è unito ad ogni uomo e donna per svelarne il segreto: la sua divina umanità trasfigura noi e la storia tutto volgendo al Regno del Dio che viene a salvarci. I cristiani non possono sottrarsi a questo annuncio! Devono piuttosto fare sinodo per proclamare all’umanità in mezzo a povertà, contraddizioni, precarietà persino desolanti la certa speranza natalizia e pasquale contenuta nel vangelo. A quanti si lasciano prima impensierire e poi vincere dal suo fascino, esso ha l’ardire di assicurare libertà da peccato e morte, ossia da ogni cedimento al contrario di quell’amore in cui soltanto ci ritroviamo sicuri e condotti al di là di ogni umana attesa. Non è poesia, pur sublime, questa. Tanto meno tradizione, pur dolce. È verità cristiana su Dio e sull’umano, che dà forza per tutto affrontare e sopportare pur di non barattare mai la speranza di eternità che porta con sé.

In questi giorni un attento giornalista, indagando sulla dotta e convincente eloquenza di un predicatore cristiano del passato, ha avanzato la “contenuta richiesta” ai predicatori del Natale odierno affinché “negli immancabili appelli al Bambinello e alla solidarietà siano davvero capaci di misurarsi con la serietà dell’esistenza”. Ben condivisibile è la richiesta benché non proprio “contenuta”. E costituisce l’aspirazione sicura di ogni predicatore, ma l’impresa li supera. Il vangelo va aperto insieme e persino scritto insieme. E’ certamente testimoniato da tutti i battezzati. Così, parlerà della serietà dell’esistenza. Se ciascuno scrive la propria pagina mai dandosi per vinto, riconoscendo debolezze proprie e altrui senza umiliare né perdersi a giudicare ma piuttosto impegnandosi a superare la debolezza che tutti connota, il “farsi carne natalizio” continuerà in noi rigenerando la società. Ed eviterà che l’enigma del dolore e della morte ci opprima, rendendoci invece una pagina bella che nessuno potrà strappare dal libro su Dio e sull’uomo che è il vangelo.

Se le righe fossero storte, c’è Chi sa scrivere comunque diritto quando la passione per l’umano non demorde. Come ho letto su questo giornale per i lavoratori di Graffignana che hanno rinunciato alle ferie consentendo ad un collega di andare in pensione e curare la propria salute. Come ho veduto visitando la pediatria dell’Ospedale Maggiore nei genitori accanto ai figli con tenerezza e sacrificio e nel personale medico e infermieristico deciso a tentare tutto, unendo competenza, passione e abnegazione perché vinca quella salute, che auguriamo anche ai colpiti dalla recrudescenza pandemica e a quanti li assistono. Come confermano tanti genitori, educatori e pastori con la loro presenza in mezzo alle giovani generazioni, le quali non ci deluderanno se avranno appreso da noi la serietà e la bellezza della vita. E volontari di ogni genere, uomini di cultura, operatori a vario titolo nel mondo sociale che non rinunciano a considerare vero profitto il capitale umano. Il rimedio alla paura, alla confusione e alla disperazione sta negli uomini e nelle donne decisi a farsi prossimo. Il Bambino di Betlemme ne dà certezza inconfutabile, e ci impegna a scambiarci con gli auguri la promessa mai stanca della solidarietà.

+ Maurizio Malvestiti
Vescovo di Lodi

Lettera di Mons. Vescovo Maurizio Malvestiti pubblicata su il Cittadino del 24 dicembre 2021

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