Principi guida della tutela dei minori nella Chiesa

CORSO DI FORMAZIONE IRC: la tutela dei minori

– Don Bassiano Uggè, referente diocesano della Tutela dei Minori.

Incontro del 14 marzo 2022

 

 

Intervengo come referente diocesano della tutela dei minori, nominato dal Vescovo a maggio 2020 insieme ai coniugi Maria Chiara Cerri e Raffaele Gnocchi in qualità di collaboratori, incaricati per il servizio d’ascolto, come poi essi stessi spiegheranno in dettaglio. Papa Francesco, nel Motu proprio Vos estis lux mundi del 7 maggio 2019, aveva così stabilito (art. 2, §1): “Tenendo conto delle indicazioni eventualmente adottate dalle rispettive Conferenze Episcopali (…), le diocesi (…), singolarmente o insieme, devono stabilire, entro un anno dall’entrata in vigore delle presenti norme, uno o più sistemi stabili e facilmente accessibili al pubblico per presentare segnalazioni, anche attraverso l’istituzione di un apposito ufficio ecclesiastico”. Sulla base delle indicazioni della Conferenza Episcopale Italiana, i Vescovi delle diocesi di Lodi, Crema, Cremona, Pavia e Vigevano hanno deciso di dar vita ad un Servizio interdiocesano per la tutela dei minori, prevedendo nel contempo in ciascuna diocesi le figure del referente e degli incaricati per l’ascolto.

L’incontro odierno si inserisce nel contesto dell’impegno di formazione e informazione sul tema della tutela dei minori e delle persone vulnerabili, dopo analoghi appuntamenti già tenuti a livello diocesano per i sacerdoti e i responsabili dei Grest e in previsione di ulteriori occasioni per altri operatori pastorali.

Se si “naviga” sul sito internet della Santa Sede, cliccando, nella homepage, su “Abuso sui minori. La risposta della Chiesa” (https://www.vatican.va/resources/index_it.htm), il documento pontificio più antico che viene riportato è il discorso ai Cardinali degli Stati Uniti d’America del 23 aprile 2002 di San Giovanni Paolo II, che allora aveva detto: “La gente deve sapere che nel sacerdozio e nella vita religiosa non c’è posto per chi potrebbe fare del male ai giovani”. E continuava: “Deve sapere che i Vescovi e i sacerdoti sono totalmente impegnati a favore della pienezza della verità cattolica nelle questioni riguardanti la moralità sessuale, verità fondamentale sia per il rinnovamento del sacerdozio e dell’episcopato sia per il rinnovamento del matrimonio e della vita familiare”.

L’abuso sessuale rientra tra i delitti che la normativa canonica qualifica e sanziona come “più gravi”. È stato osservato che questi delitti riguardano ciò che la Chiesa ha di più caro e insieme di più delicato da custodire: la fede, i sacramenti, le persone più fragili. Mi permetto una digressione. Senza entrare nel merito del dibattito attuale sull’obbligo dei vaccini, i Vescovi lombardi avevano stabilito alcune normative ad hoc per contrastare la pandemia del Covid-19, motivando così la scelta: “quello che vogliamo è che nessuno sia un pericolo per le persone fragili negli ambienti ecclesiali”. Mutatis mutandis, questa motivazione a maggior ragione vale per la tutela dei minori dagli abusi.

Mi servo dunque delle parole, sopra citate, così nette di Giovanni Paolo II – che per primo, a partire dagli anni ‘90 del secolo scorso, si trovò ad affrontare la piaga degli abusi sessuali, almeno nella forma e rilevanza che essi hanno assunto a partire da allora – per motivare l’attenzione a questo tema da parte della Chiesa cattolica e che, oggi, viene richiamata a voi insegnanti di religione cattolica. E colgo due profili nel discorso del Papa: l’idoneità dell’insegnante di religione; la prevenzione degli abusi, con la necessaria formazione-informazione a tutti i livelli nelle nostre comunità.

1) L’idoneità dell’insegnante di religione

Sul primo aspetto, richiamo i riferimenti fondamentali che sono noti. Secondo il can. 804 del codice di diritto canonico, “all’autorità della Chiesa è sottoposta l’istruzione e l’educazione religiosa cattolica che viene impartita in qualunque scuola (…); spetta alla Conferenza Episcopale emanare norme generali su questo campo d’azione, e spetta al Vescovo diocesano regolarlo e vigilare su di esso” (§ 1); e: “l’Ordinario del luogo si dia premura che coloro, i quali sono deputati come insegnanti della religione nelle scuole, anche non cattoliche, siano eccellenti per retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana e per abilità pedagogica” (§ 2). Il can. 805 così prescrive: “È diritto dell’Ordinario del luogo per la propria diocesi di nominare o di approvare gli insegnanti di religione, e parimenti, se lo richiedano motivi di religione o di costumi, di rimuoverli oppure di esigere che siano rimossi”. Dunque il conferimento dell’idoneità per l’insegnamento della religione cattolica presuppone l’eccellenza nella retta dottrina e nella testimonianza di vita cristiana; e motivi di costumi possono rendere necessaria la revoca dell’insegnamento, secondo la normativa, conosciuta, stabilita dalla Conferenza Episcopale Italiana in riferimento all’Intesa col Ministero dell’Istruzione per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche (cfr. Delibera n. 41 della CEI: “§ 1 – L’Ordinario del luogo che riceva da parte dei fedeli laici o religiosi domanda per il riconoscimento dell’idoneità ad insegnare religione cattolica nelle scuole pubbliche o nelle scuole cattoliche, è tenuto a verificare il possesso dei requisiti richiesti dal diritto. In particolare l’Ordinario del luogo deve accertarsi, mediante, documenti, testimonianze, colloqui, o prove scritte, che i candidati si distinguano per retta dottrina, testimonianza di vita cristiana e abilità pedagogica. L’Ordinario del luogo riconosce l’idoneità mediante proprio decreto. § 2 – L’Ordinario del luogo deve revocare con proprio decreto, ai sensi dei cann. 804 e 805 § 2, l’idoneità all’insegnamento della RC al docente del quale sia stata accettata una grave carenza concernente la retta dottrina o l’abilità pedagogica oppure risulti un comportamento pubblico e notorio contrastante con la morale cattolica”).

Tra i documenti più recenti sull’identità del docente di religione, cito dal Direttorio per la catechesi del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, del 23 marzo 2020: “Perché l’insegnamento scolastico della religione cattolica sia fruttuoso, è fondamentale che i docenti siano capaci di mettere in correlazione fede e cultura, componente umana e religiosa, scienza e religione, scuola e altre agenzie educative. L’impegno del docente è squisitamente educativo, orientato alla maturazione umana degli allievi. Allo stesso tempo, è richiesto che gli insegnanti siano credenti e impegnati in una personale crescita nella fede, inseriti in una comunità cristiana e desiderosi di dare ragione della propria fede anche attraverso le proprie competenze professionali” (318).

Merita di essere richiamato, seppure solo en passant, che l’eventuale condotta inadeguata di un insegnante di religione, oltre ad essere grave in se stessa e ad essere censurabile a livello ecclesiale, ha una pesante ricaduta sulla società civile, che può coinvolgere l’immagine della stessa comunità cristiana.
Del resto, nell’ambito del diritto penale canonico (il libro VI del codice di diritto canonico è stato integralmente modificato da Papa Francesco con la Costituzione Apostolica Pascite gregem Dei del 23 maggio 2021 ed è entrato in vigore l’8 dicembre 2021), il nuovo can. 1398 prevede la punibilità per il delitto di abuso sessuale su minori e persone vulnerabili (ora rubricato tra i “delitti contro la vita, la dignità e la libertà dell’uomo”) non più solo per i chierici (diaconi, presbiteri, vescovi) ma anche per i membri di un istituto di vita consacrata o di una società di vita apostolica, “e qualunque fedele che gode di una dignità o compie un ufficio o una funzione nella Chiesa” (§ 2). Saranno la dottrina e la giurisprudenza a guidare l’interpretazione e applicazione di questa nuova normativa, ma appare evidente che essa possa essere applicata al caso di un insegnante di religione cattolica, che dunque – se colpevole del delitto di cui trattiamo – verrebbe sanzionato non solo con la revoca dell’incarico, ma anche con le pene espiatorie previste dal can. 1336.

Concludendo questo primo aspetto, vorrei dire in estrema sintesi che il tema degli abusi richiami e impone a tutti, e agli insegnanti di religione per il profilo e la responsabilità specifici che li contraddistinguono, il massimo rigore. Non cadiamo nell’errore di pensare che si tratti di argomenti scontati e che queste cose possano accadere solo “agli altri”.

 

2) La prevenzione degli abusi, con la necessaria formazione-informazione a tutti i livelli nelle nostre comunità.

Il secondo punto che, seppur solo sinteticamente, vorrei indicare è la grave responsabilità circa la tutela dei minori che abbiamo – tutti come comunità cristiana e voi specificamente come insegnanti di religione – di sentirci interpellati dalla presa di coscienza e dalla assunzione di impegno che la Chiesa Cattolica ha ufficialmente dichiarato e per i quali si è, per così dire, espressamente obbligata.

A questo riguardo, rimandando ai vari riferimenti (a partire dal Magistero dei Papi) che si possono facilmente e utilmente reperire sul portale già citato della Santa Sede, richiamo le Linee guida per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili, emanate dalla Conferenza Episcopale Italiana nel 2019, dopo le precedenti (e assai più ridotte) versioni del 2012 e del 2014.

Il discorso sarebbe ovviamente lungo, ma nello spirito di questa introduzione al tema degli abusi mi limito ad elencare i “principi guida” (che costituiscono la prima parte del documento), citandone di alcuni qualche espressione. Si tratta di principi guida nei quali “la Chiesa Cattolica in Italia si riconosce”, ossia – come ho già detto – di principi che esprimono una chiara presa di coscienza ed una coerente precisa assunzione di impegni, che si traducono nelle “indicazioni operative” delle stesse Linee guida.

I nove principi sono i seguenti:

1) rinnovamento ecclesiale;

2) protezione e tutela dei minori e delle persone vulnerabili;

3) ascolto, accoglienza e accompagnamento delle vittime;

4) responsabilizzazione comunitaria e formazione degli operatori pastorali;

5) formazione dei candidati agli ordini sacri e alla vita consacrata;

6) giustizia e verità;

7) collaborazione con la società e le autorità civili;

8) trasparenza e comunicazione;

9) strutture e servizi operativi.

Circa il rinnovamento ecclesiale, leggiamo: “Tutta la comunità è coinvolta nel rispondere alla piaga degli abusi non perché tutta la comunità sia colpevole, ma perché di tutta la comunità è il prendersi cura dei più piccoli. Ogni qualvolta uno di loro viene ferito, tutta la comunità ne soffre perché non è riuscita a fermare l’aggressore o a mettere in pratica tutto ciò che si poteva fare per evitare l’abuso. Non si tratta però solo di fare il possibile per prevenire gli abusi: è richiesto un rinnovamento comunitario, che sappia mettere al centro la cura e la protezione dei più piccoli e vulnerabili come valori supremi da tutelare. Solo questa conversione potrà permettere a tutta la comunità di vincere ogni silenzio, indifferenza, pregiudizio o inattività per diventare partecipazione, cura, solidarietà e impegno”.

Riguardo alla protezione e tutela dei minori e delle persone vulnerabili, si dice: “La cura e protezione dei minori e delle persone vulnerabili costituisce un punto di riferimento imprescindibile e un criterio dirimente delle scelte operate in queste Linee guida. Cura e protezione sono parte integrante della missione della Chiesa nella costruzione del Regno di Dio. La fedeltà al Vangelo è fedeltà a Dio e all’uomo. Prendersi cura dei più piccoli e deboli è dunque una necessità, che deve essere rinnovata con forza, anche a fronte di tradimenti che in passato hanno toccato in profondità la stessa comunità ecclesiale. Prendersi cura dei piccoli e dei deboli significa in primo luogo orientare il proprio cuore, il proprio sguardo e il proprio operato a favore dei più piccoli e indifesi, attraverso una corresponsabilità della comunità condivisa con tutta la società civile. Un primo passo si riconosce nell’ascolto delle vittime e nella loro presa in carico, favorendo una cultura della prevenzione, la formazione e informazione di tutta la comunità ecclesiale, la creazione di ambienti sicuri per i più piccoli, l’attuazione di procedure e buone prassi, la vigilanza e quella limpidezza nell’agire, che sola costruisce e rinnova la fiducia”.

Cito, infine, ciò che attiene alla responsabilizzazione comunitaria e formazione degli operatori pastorali (e qui il riferimento agli insegnanti di religione si fa ovviamente stringente): “Responsabilizzare la comunità comporta farsi carico della protezione dei minori e delle persone vulnerabili come missione comunitaria che non può essere semplicemente delegata ad alcune strutture o persone. Ciascuno può e deve fare la sua parte, cominciando da un rinnovamento interiore e passando attraverso un rinnovamento comunitario. In questo percorso, nel quale l’intera comunità si fa carico di un cambiamento culturale che metta al centro i più piccoli e vulnerabili, si inserisce il discernimento circa gli operatori pastorali e quanti, in modi diversi, hanno contatto con i minori nelle comunità ecclesiali: animatori, educatori, catechisti, allenatori, insegnanti e tutti coloro che sono impegnati in attività di culto, carità, animazione e ricreazione. Sono persone che con grande generosità si prestano ad un prezioso servizio, per il quale vanno formate e rese corresponsabili dello stile e delle scelte della Chiesa per la protezione e cura dei più piccoli e vulnerabili”. E nelle “indicazioni operative” (seconda parte delle Linee guida), così è scritto circa la selezione e formazione degli operatori pastorali: “3.1 La disponibilità di chi intende collaborare nelle strutture ecclesiali, a qualsiasi titolo, dal rapporto di lavoro a quello di volontariato, deve essere vagliata e accolta con attenzione. 3.2 Chiunque opera nelle comunità ecclesiali deve essere consapevole e far proprie queste Linee guida nella condivisione del comune impegno per la tutela dei minori. 3.3 Per rafforzare una cultura della protezione dei minori è necessario curare con particolare attenzione la formazione e l’educazione di coloro che operano nelle comunità ecclesiali. A tal fine il Servizio Regionale per la Tutela dei Minori (=SRTM), il Servizio Interdiocesano per la Tutela dei Minori (=SITM) e il Referente Diocesano per la Tutela dei Minori (=RDTM), anche sulla base di quanto proposto dal Servizio Nazionale per la Tutela dei Minori (=SNTM): a) promuovono specifici programmi di selezione e formazione di coloro che operano a contatto con i minori; b) in collaborazione con genitori, autorità civili, educatori e altre organizzazioni della comunità predispongono percorsi di formazione in merito ai modi in cui realizzare e mantenere un ambiente sicuro per i minori. Tali percorsi, adatti all’età, dovranno spiegare cosa sia l’abuso sessuale, come identificarlo, quali siano le tecniche di adescamento, come riportare i sospetti abusi sessuali alle autorità civili ed ecclesiastiche; c) predispongono testi appropriati di preghiere e catechesi sul tema della dignità e del rispetto dei minori per favorire e accrescere la vita spirituale della comunità, necessario fondamento di una reale e consapevole cura dei più fragili”.

Rimando per il resto delle Linee guida alla conoscenza e all’approfondimento personali.

 

don Bassiano Uggè
Referente diocesano
per la Tutela dei Minori

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