L’assemblea: giovani, laici, sacerdoti e religiose: «È un confronto positivo, perché si discute con franchezza»
Il parallelismo tra l’enciclica Laudato Si’ e l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è sintomo della sintonia che Chiesa e società laica possono trovare per promuovere il bene comune. A proporlo è stata Luisella Lunghi, presidente del Centro Servizi Volontariato Lombardia Sud, che ieri è intervenuta in apertura della terza sessione sinodale, offrendo un contributo di riflessione prima della discussione nel merito dei tre capitoli oggetto di approfondimento in cattedrale.
«C’è un terreno comune su cui innestare il dialogo» ha affermato Lunghi, citando anche lo Strumento di Lavoro del Sinodo diocesano, che più volte fa riferimento alla necessità del “dialogo”.
«La Laudato Si’ – ha aggiunto -, dal mio punto osservazione, è stata percepita dalla società civile come bussola e approdo per orientare comportamenti, sensibilizzare le nuove generazioni, lavorare per l’avvenire, e ha lasciato frutti positivi: la nascita dell Comunità Laudato Si’, l’Economy of Francesco, le comunità energetiche». Ma ora, secondo Lunghi, è necessario passare «dalla consapevolezza all’azione», a partire dai giovani, che «sicuramente hanno qualcosa da proporre e un sentiero da tracciare».
Questa urgenza, e l’appello all’ascolto dei giovani trova concretezza anche nell’assemblea sinodale, che si sta interrogando su questi temi e, soprattutto, ha coinvolto diversi ragazzi, come Riccardo Savaré e Benedetta Forti, entrambi diciannovenni: «Quando mi è stato proposto di far parte del Sinodo – ha commentato Benedetta Forti -, non me l’aspettavo proprio. Però ho subito accettato, perché volevo partecipare attivamente al cambiamento della nostra Chiesa, con senso di responsabilità. Sia nella fase preparatoria che nelle sessioni sinodali ho trovato un confronto aperto e libero, teso ad affrontare le sfide del presente, e a immaginare nuovi orizzonti per il futuro».
«Il Sinodo è un’occasione – ha aggiunto Riccardo Savaré – per far sentire la voce dei giovani, credo che il nostro compito sia quello di rappresentare questa voce, e non possiamo sottrarci».
E se forse la dimensione plenaria dell’assemblea, con centosessanta persone riunite in cattedrale, poteva scoraggiare alcune voci, secondo Savaré «la possibilità di lavorare nei gruppi ristretti ci ha dato più coraggio».
«La maggior parte del lavoro, probabilmente, è stato fatto nei gruppi di lavoro – ha confermato Carlo Barbati -, e bisogna anche fare un plauso alla segreteria, che in pochissimo tempo ci ha messo a disposizione il documento aggiornato. Leggendo il nuovo testo, ho notato che effettivamente i suggerimenti sono stati accolti e ci sono delle modifiche anche importanti, segno che il Sinodo è una reale occasione di confronto, e non un pro forma. Abbiamo cercato di limare, di chiarire, di integrare il testo, per capire come la Chiesa può essere utile al nostro tempo».
Della stessa idea anche don Stefano Cantoni, che spiega: «Dobbiamo cercare di affrontare nel migliore dei modi le sfide della contemporaneità. Il punto di partenza è l’ascolto. La Chiesa deve ascoltare lo Spirito Santo, ma lo Spirito spesso per parlarci utilizza delle voci inaspettate».
Voci inaspettate, voci che possono essere critiche, scomode, voci che chiamano a sconvolgere i propri preconcetti: «Credo che finora il confronto sia stato molto positivo proprio perché si è parlato con franchezza, senza ostacoli all’espressione del pensiero di ciascuno. Sono emerse anche le difficoltà, come è giusto».
L’importante è affrontare anche le difficoltà insieme, come hanno confermato suor Ada Rita Rasero e suor Daniela Contarin, Figlie dell’Oratorio: «Stiamo davvero vivendo questo Sinodo in un clima di condivisione, secondo un “fare insieme” che è guidato dallo Spirito Santo, che sta parlando con semplicità a favore di tutta la Chiesa lodigiana, sollecitata a far vivere la fede nella condivisione».
di Federico Gaudenzi
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