Calarsi nella vita e nella storia

L’INTERVISTA: Come interpretare il presente e le sfide che ci attendono: ne parliamo con Giuseppe Migliorini

“Terra, persone, cose: il Vangelo per tutti”. Il titolo e l’intento stesso del Sinodo, come dichiarato nello Strumento di lavoro e come ribadisce il vescovo. Il cardinale Zuppi il 10 settembre in Cattedrale ha sottolineato il “per tutti”.

Come si potrebbe declinare per la Chiesa lodigiana, questo “per tutti”?

«Papa Francesco sabato scorso, durante l’udienza alla diocesi di Roma in procinto di iniziare il proprio percorso verso il Sinodo diocesano, ha detto: “Se la parrocchia è la casa di tutti nel quartiere, non un club esclusivo, mi raccomando: lasciate aperte porte e finestre, non vi limitate a prendere in considerazione solo chi frequenta o la pensa come voi, che saranno il, 3, 4, 5 per cento, non di più. Permettete a tutti di entrare. Permettete a voi stessi di andare incontro e lasciarvi interrogare, che le loro domande siano le vostre domande, permettete di camminare insieme: lo Spirito vi condurrà. Non abbiate paura di entrare in dialogo e lasciatevi sconvolgere dal dialogo: è il dialogo della salvezza. Non siate disincantati, preparatevi alle sorprese”. Queste parole di Francesco esprimono bene quel “per tutti” di cui abbiamo molto bisogno. La Chiesa ha una grande funzione nel costruire una società riconciliata, più civile, più sicura. Ma serve una Chiesa aperta, in continuo dialogo al proprio interno e nei confronti del mondo, non ripiegata su se stessa. È necessario calarsi nella vita e nella storia, perché la storia non può rimanere fuori dalle chiese. Il tempo che stiamo vivendo nel quale sembra che a prevalere siano i muri, la perdita del sentimento di compassione, la cattiveria, l’egoismo, l’individualismo, deve spingerci ad alzare il livello del dialogo, della ragionevolezza, del buon senso. Ognuno è portatore di un dono, di una ricchezza da condividere, da comporre qualche volta faticosamente, ma che conduce ad una visione più completa e ad una operosità più feconda».

Giuseppe Migliorini è componente del Consiglio di presidenza del XIV consiglio diocesano. Esponente del Meic di Lodi, di cui è stato anche presidente, oggi per il Meic fa parte anche del consiglio nazionale.
Dal 1989 presidente e direttore della cooperativa sociale di inserimento lavorativo “Sollicitudo” di Lodi, dal 2019 è anche presidente della società Editoriale Laudense.
Le consultazioni alla vigilia del Sinodo hanno individuato alcuni segni dei tempi. Per prime le profonde trasformazioni in atto nella composizione sociale. Quali sono? Ne siamo consapevoli “noi” della Chiesa di Lodi?

«Indubbiamente le trasformazioni sociali avvenute sono sotto gli occhi di tutti. Negli ultimi trent’anni vi sono stati moltissimi cambiamenti sia in ambito ecclesiale che sociale. I numeri della religiosità sono molto cambiati, ce lo attestano varie indagini sociologiche. È evidente il calo della partecipazione alle messe e alle funzioni religiose, ancor di più in questo ultimo anno e mezzo a seguito della pandemia. La secolarizzazione ha portato con sé una visione della vita e del mondo in cui Dio è sempre più ai margini. Nella società l’individualismo imperante mette in crisi le relazioni personali, familiari, sociali. I legami si allentano in quella che viene definita la “società liquida”. C’è una ricerca esasperata dei diritti individuali. La globalizzazione, anziché avvicinare gli uomini tra loro e offrire a tutti pari opportunità, amplifica i poteri forti che restano in mano a pochi e accresce il divario tra ricchi e poveri. Tuttavia non dobbiamo avere paura di confrontarci con le sfide dell’epoca attuale. Il tempo della cristianità è finito. Ne stiamo prendendo, con un po’ di ritardo, piena consapevolezza. Dunque dobbiamo essere capaci di stare, da cristiani, “dentro” le trasformazioni in atto. Questa sfida è uno dei grandi obiettivi del Sinodo della Chiesa di Lodi».

Costruire un futuro che è destinato a compiersi in Cristo, nella giustizia e nella verità”. Ecco un altro passaggio dello Strumento di lavoro. Nella terra e nella società lodigiana, dove non c’è giustizia? Partiamo sempre da “noi” della Chiesa lodigiana: ci stiamo credendo? Abbiamo già intrapreso percorsi? Cosa manca?

«Cito un passaggio dell’enciclica Laudato si’ nella quale il Papa, parlando di giustizia, ha coniato il nuovo termine “ecologia integrale”. Scrive Francesco: “Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”. Non possiamo più parlare di giustizia nella verità senza avere come riferimento questo nuovo paradigma dell’ecologia integrale che salda cura dell’ambiente e superamento delle disuguaglianze sociali. E allora basta sfogliare “Il Cittadino” per capire quanto ci sia da lavorare nel Lodigiano per superare una logica ancora troppo ancorata a una visione economicistica e poco attenta alla sostenibilità ambientale che rischia – e in parte lo ha già fatto – di sfigurare la bellezza della nostra terra. Anche i temi sociali, e mi riferisco alle disuguaglianze, alle povertà, alla disoccupazione, alla dignità di ogni persona nel rispetto delle diversità, fanno fatica a trovare l’eco e lo spazio che meriterebbero. La Chiesa di Lodi fa la sua parte: la realizzazione di un nuovo dormitorio per i senzatetto a Lodi e il lavoro incessante delle Caritas ne è l’esempio più evidente. Una bella esperienza nata durante l’epidemia è quella della rete “Umanità Lodigiana” composta da più di cento associazioni lodigiane di varia natura e ispirazione che intende far conoscere, sia attraverso la parola e la forza di persuasione che con esperienze concrete, la potenza del messaggio dell’ecologia integrale su tutto il territorio Lodigiano. Moltissimo rimane ancora da fare. Anche su questo il Sinodo dirà la sua e offrirà un contributo importante alle parrocchie perché mettano in atto quella conversione pastorale che le trasformi sempre più in “Chiesa in uscita”».

La pandemia ha in qualche modo “scoperto” le tendenze estremizzanti in ciascuno di noi. Un amico che rivela un lato sconosciuto, un fratello che ci spiazza in considerazioni che non condividiamo, anche nella comunità cristiana. È possibile cercare, insieme, un cammino?

«Nell’ultima enciclica di papa Francesco “Fratelli tutti” al numero 4 c’è una bella citazione di Padre Eloi Leclerc: “Solo l’uomo che accetta di avvicinarsi alle altre persone nel loro stesso movimento, non per trattenerle nel proprio, ma per aiutarle a essere maggiormente se stesse, si fa realmente padre”. Se la nostra vocazione è essere fratelli e sorelle di tutti perché figli dello stesso Padre, viene da sé che dobbiamo camminare insieme a ogni uomo e a ogni donna di buona volontà. Sia dentro che fuori dalla Chiesa. Uno dei fili conduttori che attraversano tutta l’enciclica “Fratelli tutti” è che “nessuno si salva da solo, ci si può salvare unicamente insieme”.
La salvezza dell’umanità va posta nel nuovo paradigma della fraternità che si dispiega a partire dalla cura dei più fragili, nella cultura dell’incontro e del dialogo. Fratelli di sangue si nasce, prossimi e fratelli nello Spirito si diventa scegliendo di diventarlo. Non è certamente cosa facile ma qualcuno deve cominciare. E chi ha per primo il dovere di farlo se non proprio noi che abbiamo un Maestro che ce lo ha insegnato e ce lo ha tramandato come un comandamento, non da ubbidire come servi ma piuttosto da vivere come scelta?».

Quale la sfida più urgente che come Chiesa e società lodigiana, non possiamo non considerare?

«Nella Chiesa credo sia assolutamente urgente la valorizzazione dei laici, uomini e donne alla pari. Nell’impegno ecclesiale ancora troppo spesso la collaborazione sostituisce la corresponsabilità; l’operatività, il servizio; il quieto vivere, la comunione. E questo che per molti costituisce motivo di sofferenza, da altri viene accettato senza troppe domande e contribuisce ad allargare lo spazio di quel laicato la cui mentalità è omologata a un sentire ecclesiale generoso ma ripiegato su di sé. È necessario un cambio di passo vero. Nella società lodigiana sono tante le urgenze ma ne scelgo una: la coesione sociale e territoriale. In questi ultimi anni purtroppo abbiamo assistito alla difficoltà di remare tutti uniti nella stessa direzione. C’è molto individualismo un po’ a tutti i livelli: singole amministrazioni, enti locali, organizzazioni sociali, persino tra associazioni di volontariato, ed è venuto meno il vincolo solidaristico che teneva assieme il Lodigiano. Eppure l’unione fa la forza e consentirebbe di essere molto più efficienti ed efficaci nell’affrontare le tante e urgenti sfide che abbiamo davanti.
La Chiesa lodigiana attraverso il Sinodo cerca la sua strada verso il futuro con la passione per questa terra, per chi ci vive e per le “cose” che la caratterizzano, che sono le opere e le bellezze che la rendono unica».

di Raffaella Bianchi

Leggi anche l’articolo su Il Cittadino (.PDF);

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