Cultura e scuola: un investimento per il futuro

Michela Spoldi: “Nonostante tutto la scuola non ha perso la sua mission: mettere la persona al centro”

Innanzitutto qual è la situazione della scuola, quali sono state le difficoltà e quali le opportunità di questi ultimi due anni?

«Anche in questi due anni, la scuola non ha mai perso la sua “mission”: gli insegnanti, i dirigenti, il personale hanno dato il massimo e anche di più in una situazione di emergenza. Nonostante sia stato stravolto il modo di lavorare, al centro è stata sempre messa la “persona”, in questo caso gli alunni. In questo contesto, oggi più che mai, diventa necessaria quell’alleanza educativa che vede protagonisti ragazzi, insegnanti, genitori, familiari, personale della scuola e altre figure come allenatori, sacerdoti, laici e consacrati, catechisti, educatori. Bisogna prendere atto del fatto che la lontananza, l’uso di nuovi strumenti e di nuovi modi di lavorare hanno dilatato gli “orari di lavoro”, portandoci talvolta a rispondere nei momenti più impensati quando si tratta di un’urgenza.
Una difficoltà che invece mi sento di evidenziare è quella di raggiungere tutti: pensiamo ai ragazzi che non avevano adeguata strumentazione tecnologica, o che erano in casa isolati nella quarantena. Non poter vivere la scuola in presenza è stato un limite grande, e credo che tra le opportunità si possa inserire la riscoperta dell’importanza di riabbracciarsi, di guardarsi negli occhi, di essere presenti dal vivo. E poi anche il salto in avanti a cui siamo stati costretti, dal punto di vista della tecnologia, secondo me può essere positivo: tanti genitori, ad esempio, hanno chiesto di mantenere i colloqui a distanza, e questo può essere un modo di semplificare la partecipazione della famiglia. Aggiungerei anche l’aver avuto l’occasione, dettata dall’emergenza, di un aggiornamento e formazione continui e direttamente “sul campo”».

Michela Spoldi
Michela Spoldi è insegnante di religione alla scuola media Ada Negri di Lodi. Collabora con la rivista di meditazione Dall’Alba al Tramonto, della diocesi di Padova, e ha scritto alcuni libri: “La stella del nonno Mau”, “8m d mtka. Alla scoperta di don Enzo”, La memoria e il sogno. Maria Cosway a Lodi”.
È membro del Sinodo in rappresentanza degli insegnanti di religione della diocesi, ed è stata scelta per il consiglio di presidenza del Sinodo.
Il Papa ha più volte sottolineato l’emergenza educativa: l’educazione delle giovani generazioni è il rimedio contro il virus dell’indifferenza? Quale ruolo ha la scuola nella formazione di una società migliore?

«Già da anni si parla di emergenza educativa: è difficile trovare una soluzione. Si procede per tentativi, con obiettivi comuni e condivisi. All’interno della scuola, oltre a tutto l’ordinario di una scuola che fa capo al Piano dell’Offerta Formativa d’ Istituto, c’è lo “straordinario” formato da interventi esterni di altre agenzie educative come forze dell’ordine, associazioni che lavorano in sinergia con la scuola e la famiglia nell’acquisizione di un’essenza sociale e di competenze sociali. E poi, con l’introduzione dell’Educazione Civica ‘trasversale’, vedo un ulteriore punto a favore contro l’indifferenza. L’Educazione Civica c’è sempre stata nella scuola, ma in questo modo, rendendola trasversale e collaborando tutti ad un progetto comune anche per i ragazzi e i giovani, diventa più chiaro il suo appartenere alla vita, alla quotidianità. Un altro aspetto sentito sul quale si può lavorare è la questione “ambientale”. Il rimedio all’emergenza educativa, quindi, è legato al non gettare la spugna, mai, e usare molto la fantasia per creare situazioni, dialogo, coinvolgere, essere e rendere protagonisti».

“I giovani non sono il nostro futuro, sono il nostro presente”: questa frase è stata ripetuta più volte dal vescovo. Come possiamo mettere al centro i giovani rendendoli fin da subito protagonisti delle nostre scelte, e non soltanto spettatori?

È vero, spesso di parla di educare le nuove generazioni con la prospettiva che va ‘oltre’ e che ci deve essere ma è importante anche non perdere l’aspetto del “qui e ora”. I giovani si possono coinvolgere in vari modi, invitandoli a vivere in prima persona alcuni momenti sia nella comunità civile che in quella cristiana. Per alcuni poi lo sport può essere un luogo privilegiato. Altro ambito in cui i giovani possono essere protagonisti è il mondo del volontariato, sia a livello civile che religioso. Certo a volte non è facile coinvolgerli: una carta vincente è quella dei giovani che coinvolgono i giovani, ma è necessaria anche una presenza adulta che faccia strada e lasci strada. Sono necessarie figure di adulti autentici, veri, coerenti, che sappiano guidare e affiancare nello stesso tempo, che sappiano essere veri testimoni e vivere nella prossimità che sa anche lasciare liberi di spiccare il volo».

La scuola, come ha indicato il Sinodo XIII, è “campo di comunicazione e trasmissione della cultura aperto all’Evangelizzazione”. Come garantire che la Religione cattolica concorra davvero alla formazione e alla crescita umana e culturale di alunni e alunne delle scuole di ogni ordine e grado?

«Mi viene da dire: insegnandola come si deve. Già negli obiettivi della materia in sé, si parla di un insegnamento che concorra alla formazione e alla crescita umana e culturale. C’è da dire che la Religione è anche la materia che più di altre ha uno sguardo ampio, aperto, poiché si apre all’arte, alla musica, alla letteratura, alla storia, all’architettura, all’educazione civica. Anche se il tempo riservato all’insegnamento della religione è limitato (un’ora alla settimana) nel ‘palinsesto’ della scuola mi piace leggere l’ora di religione come corrispondente alla ‘pubblicità’: dura poco ma quello slogan, quella musica, quell’immagine ‘ti restano dentro’. Vorrei riuscire a fare questo insieme ai miei alunni: lasciare qualcosa dentro che formi e faccia davvero crescere».

Qual è il contributo che può avere il Sinodo su questa tematica, nel rispetto evidentemente dei ruoli e della laicità della scuola?

«Nel rispetto dei ruoli e della laicità della scuola, la possibilità di collaborazioni e di progettazione di un’alleanza educativa si è ampliato negli ultimi vent’anni, dopo la Legge sull’Autonomia del 1997. Già l’Instrumentum Laboris del Sinodo propone delle collaborazioni tra agenzie educative e scuola, che possono essere la partecipazione a tavoli di confronto e partecipazione, oppure collaborazioni concrete: si pensi ai vari doposcuola di supporto attivati negli oratori, alla collaborazione con le varie associazioni, anche cattoliche, per la raccolta di generi alimentari o materiale scolastico, l’invito nella scuola di testimoni cristiani attivi sul territorio, e molto altro. Durante le sessioni sinodali ci sarà sicuramente tempo e modo di approfondire queste opportunità».

La scuola non è, evidentemente, l’unico luogo della cultura. Come far sì che la comunità cattolica sia veicolo di trasmissione culturale?

«Anche le comunità cristiane sono luogo di cultura e fermento di cultura. Oltre alle varie associazioni culturali presenti nelle parrocchie, possiamo elencare anche tutta una serie di eventi, convegni, incontri che contribuiscono alla crescita culturale della nostra terra. Senza tralasciare quelle forme di aiuto concreto che possono essere iniziative di solidarietà o sensibilizzazione su temi, realtà presenti sul territorio e oltre. È importante non pensare alla cultura soltanto come a un “sapere”, ma proprio come una esperienza di vita, cercando di acquisirne il senso più antropologico, cogliendo l’importanza dell’insieme dell’esperienza. E in questo orizzonte più ampio la comunità cristiana è in prima linea».

di Federico Gaudenzi

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