I lavori nei gruppi

I sinodali divisi in sei gruppi, tante le questioni affrontate

È un inizio senza timidezza, con un confronto rispettoso ma anche appassionato tra i “sinodali” che sabato hanno cominciato il lavoro operativo di questo Sinodo diocesano, divisi in sei gruppi ospitati dal collegio vescovile.

Un incontro durato tutta la mattina e gran parte del pomeriggio, che ha visto i gruppi confrontarsi su alcuni temi fondamentali a partire dallo Strumento di Lavoro che accompagna i lavori. Due gruppi hanno affrontato la “Visione della Chiesa che dà il passo al nostro cammino”, due hanno affrontato il capitolo su “I segni dei tempi”, mentre altri due hanno toccato il tema delle “Cose”, nel quale si tratta della gestione economica, della valorizzazione dei beni storico-artistici e del “sovvenire”.

Argomenti complessi che, in una prima discussione, sono stati sviscerati in un confronto molto aperto e schietto, lasciando poi ai coordinatori l’incarico di fare sintesi per arrivare a condividere eventuali emendamenti al testo dello Strumento di Lavoro.

«Una discussione senza dubbio proficua – ha affermato don Angelo Manfredi, sacerdote coordinatore del gruppo 1A, terminando di scrivere gli ultimi appunti -. L’aspetto sicuramente più interessante che abbiamo toccato è quello del Battesimo come chiamata alla missione di ciascuno nella Chiesa, concentrandoci poi su famiglia e giovani come protagonisti nella vita della Chiesa».

Anche Katiuscia Betti e don Nunzio Rosi, coordinatori laica e ordinato del gruppo 2B, hanno espresso soddisfazione per il primo incontro: «Abbiamo lavorato in un bel clima di ascolto e accoglienza di visioni anche molto diverse derivate dalle diverse esperienze di studio e di vita di un gruppo molto eterogeneo – hanno detto -. È significativa la richiesta emersa dai giovani, che chiedono un maggiore ascolto. Abbiamo parlato anche della modalità comunicativa, che non si esprime soltanto nel linguaggio, ma nello stile, nella capacità di essere comunità accogliente, sinceramente sinodale. In una parola: fraterna».

Don Mario Bonfanti e Michele Madonna erano invece i coordinatori del gruppo 2A, e nel sintetizzare il lavoro svolto dal loro gruppo hanno spiegato come l’importante sia «la capacità di guardare ai segni dei tempi non solo in una prospettiva di criticità, ma cogliendo gli aspetti positivi, le opportunità, la speranza». «Anche la pandemia – ha affermato don Mario -, con tutto il male che ha fatto, ci ha dato tuttavia l’occasione di sperimentare strade nuove. Abbiamo parlato di questo, senza dimenticare l’importanza del ruolo dei laici, delle donne e dei giovani nella Chiesa».

Un lavoro di approfondimento non certo facile, come ha ammesso Simone Majocchi, coordinatore laico del gruppo 2B: «Abbiamo fatto una panoramica su tutte le tematiche, cercando di declinare il testo nella realtà concreta della quotidianità. Sono emersi molti spunti, ora è il momento di fare sintesi».

Non meno interessante il percorso di approfondimento sulle “Cose”, che tocca ad esempio il patrimonio artistico della Chiesa laudense. L’hanno chiarito Olivia Maria Zonca e don Renato Fiazza, coordinatori del gruppo 5A: «Parlare delle cose è importante perché è un tema che tocca l’importanza dei beni artistici, della cultura, ma ci chiama anche a interrogarci su come gestire al meglio il patrimonio perché sia al servizio di tutti. La discussione è stata anche accesa, portata avanti con franchezza dai sinodali, ma il punto di partenza condiviso, sul quale si è costruita la riflessione, è molto semplice: i beni amministrati devono essere intesi come mezzi al servizio dell’attività pastorale». Della stessa idea anche Raffaele Gnocchi, coordinatore laico del gruppo 5B: «La gestione delle cose è il segno della direzione che vogliamo prendere, di come intendiamo l’essere Chiesa, l’identità del parroco e il ruolo dei laici».

di Federico Gaudenzi

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