Una Chiesa che ascolta non solo se stessa, ma dialoga con tutti

Il Sinodo è stato un dono, da qui si riparte dentro un percorso in cui siamo ora coinvolti a livello nazionale e universale

Per quanto dovremmo essere tutti consapevoli che un Sinodo rappresenta certamente un passaggio importante nella vita e nella storia di una Chiesa, resta pur sempre un passaggio che si inserisce, esprime e sostiene un cammino ben più ampio, articolato e ricco di Grazia e di impegno. Giunti alla conclusione di questo XIV Sinodo della Chiesa laudense, è più che legittimo chiedersi come è andata. Ognuno certamente lo avrà vissuto da una prospettiva particolare, mai perfettamente sovrapponibile a quella degli altri. C’è chi del Sinodo ne ha semplicemente sentito parlare o ha seguito questo evento leggendo dai giornali o sui social; chi lo ha seguito offrendosi come volontario per qualche servizio, da chi ha accolto i sinodali in cattedrale a chi ne ha steso i verbali delle sedute e per i quali voglio esprimere tutta la riconoscenza della nostra Chiesa per la bella disponibilità dimostrata; chi lo ha vissuto da vicino, da protagonista come sinodale. Come Segretario della Commissione Preparatoria prima e come Segretario generale del Sinodo poi, credo di aver goduto per dono di un punto di vista privilegiato che mi aiuta ad avere uno sguardo di insieme che, senza pretese, voglio condividere.

Il Sinodo è stato un grande impegno che ha richiesto e ha saputo coordinare il lavoro di tantissime persone. Tutti hanno avuto certamente l’impressione che questo evento, gli strumenti e i momenti condivisi sono stati preparati con cura. Questo è stato possibile grazie alla dedizione di molti che hanno regalato alla nostra Chiesa tempo, riflessione, energie, capacità ed ancor più significativamente, lo hanno fatto in armonia, coordinandosi e mossi dal comune desiderio di contribuire ad un evento importante per il cammino ecclesiale. Presidenza, segreteria, sinodali, volontari, tecnici, servizio per le comunicazioni, archiviste, servizio liturgico, commissione preparatoria, commissione per l’organizzazione pratica, tutti hanno fatto la loro parte in spirito di servizio e con tanta serenità. È stato un innegabile “camminare insieme”, tutto questo. E credo abbia contribuito a creare il clima migliore che ha accompagnato l’intero percorso sinodale. Qualcuno che pure non ha nascosto il fatto di attendersi dal Sinodo qualche determinazione in più, specie riguardo ad alcuni aspetti della vita pastorale sui quali si sente da tempo l’urgenza di un cambiamento radicale, ha riconosciuto che la celebrazione del XIV Sinodo è stata un’esperienza positiva di sinodalità, capace di incoraggiarci tutti a proseguire con più decisione per questa strada nel medesimo stile. Tutti ci porteremo impresso nel ricordo l’immagine dell’aula sinodale, una sorta di icona di questo Sinodo, immagine simbolica, nel vero significato di questa parola, di una Chiesa che ascolta tutti e non solo se stessa (penso ad alcuni interventi davvero significativi offerti da talune personalità del mondo della cultura e dell’impegno sociale, oltre che espressione di altre confessioni cristiane che abbiamo invitato al Sinodo), dialoga, discerne e vuole camminare insieme valorizzando ogni vocazione e carisma.

Il frutto del Sinodo si manifesta anche nelle dichiarazioni e nelle decisioni che si sono condivise e che verranno raccolte e consegnate, una volta approvate dal Vescovo, nel libro sinodale. Sono il risultato di tutto il percorso, che comprende anche la fase preparatoria, certamente reso possibile da quel dono dello Spirito che abbiamo insistentemente invocato perché, nella fedeltà al Vangelo, potessimo arrivare ad alcune scelte ed orientamenti per il cammino ecclesiale nell’oggi con le sue potenzialità e problematicità. Voler giudicare questo esito semplicemente in riferimento alle proprie aspettative non è forse del tutto corretto. Abbiamo condiviso una idea di Chiesa e una lettura sapienziale dei segni dei tempi che, se tenute presenti, non saranno poca cosa nell’offrirci una prospettiva unitaria per il proseguimento del cammino. C’è stata assoluta convergenza, senza pretesa di unanimità, su diverse decisioni che segneranno, se attuate, il volto della nostra Diocesi, delle nostre comunità e faranno maturare a loro volta altre scelte: il passaggio dalle Unita Pastorali alle Comunità Pastorali, la riduzione del numero dei vicariati, un utilizzo più significativo degli strumenti informatici e dei social, l’apertura ad una collaborazione strutturata tra le comunità, ma anche con le realtà che operano con finalità educative, sociali e assistenziali sul territorio, un ripensamento della formazione, forme di vita fraterna tra sacerdoti e di condivisione più stretta del ministero, l’attenzione ai poveri da consolidare e da vivere come comunità nel suo insieme, la volontà di meglio considerare la risorsa rappresentata delle famiglie e dei giovani, il sempre più urgente coinvolgimento responsabile dei laici. Ma anche l’esercizio della sinodalità da vivere con frutto come stile abituale nella Chiesa; la scelta missionaria che vuole tenere aperte le nostre comunità al mondo così che il Vangelo sia offerto a tutti; il contributo che possiamo dare alla transizione ecologica. Siamo pervenuti a prospettive anche pratiche: la scelta di avviare un fondo diocesano per le parrocchie e una gestione dei beni che non carichi eccessivamente di incombenze burocratiche i sacerdoti, come pure la custodia e la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale.

Su alcune questioni il Sinodo ha rilevato la fatica, che non è evidentemente solo della nostra Chiesa laudense, a definire più puntualmente alcune decisioni. Dentro un percorso sinodale in cui siamo ora coinvolti a livello nazionale e universale, esso ha dato mandato ad alcune commissioni di portare avanti il lavoro per dare attuazione agli orientamenti indicati. Se posso aggiungere ancora un dono che credo di aver ricevuto in questo Sinodo, è stato quello di poter conoscere e lavorare con laici davvero in gamba, preparati, responsabili e che amano la Chiesa. E’ allora andato tutto per il verso giusto? Il Sinodo ci ha aiutati a prendere ancora maggiore consapevolezza delle grandi risorse spesso nascoste, come pure dei limiti che ogni realtà umana porta con sé. Si sarebbe indubbiamente potuto fare meglio ogni cosa, perché è nella natura stessa dell’uomo aspirare alla perfezione e migliorare. Qualche passaggio sinodale in più, specie nella fase preparatoria, avrebbe giovato; forse una migliore preparazione degli stessi sinodali al senso di questo percorso. Quello che rammarica è l’idea, che può esprimere un disagio da ascoltare e considerare, che non ci sarebbe reale volontà di ascolto e di cambiamento, che niente va bene e bisogna cambiare tutto. Un “mormorio” di alcuni che ha accompagnato anche le Sessioni sinodali, più fuori che dentro il Sinodo, non sempre avvalorato da proposte concrete e possibili, da offrire a tutti e su cui confrontarsi. Ma in realtà si tratta del desiderio di poter continuare a dialogare. In questi mesi abbiamo espresso questa volontà, che è da favorire sempre. Credo che il Sinodo sia stato un dono. Qui siamo arrivati, da qui si riparte!

di don Enzo Raimondi

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