La consegna dell’Instrumentum laboris

In Cattedrale il punto di partenza per la fase dibattimentale del Sinodo che si aprirà il 17 ottobre

Consegnato ai 158 sinodali lo “strumento di lavoro”, Instrumentum laboris, non è solo il punto di partenza per la fase dibattimentale del Sinodo, che si aprirà solennemente il prossimo 17 ottobre. È anche il segno di come la Chiesa lodigiana si muova già in una dimensione di sinodalità ordinaria, quotidiana, in cui questo evento è solo un passo, benché fondamentale, di un cammino molto più lungo.

Le cento pagine consegnate ai “sinodali” sabato scorso (per ora solo in formato digitale, perché il testo cartaceo è in fase di stampa), raccolgono infatti tutta la ricchezza della recente Visita pastorale, comprendono una rilettura dei documenti dell’ultimo Sinodo, e il materiale frutto di discussioni e riflessioni pregresse, offrendo il contesto da cui partire per un confronto proficuo.

L’incontro di sabato in cattedrale, presieduto dal vescovo Maurizio, che ha introdotto i lavori dopo la recita dell’Ora Media, e moderato da Giuseppe Migliorini, uno dei quattro componenti laici della presidenza del Sinodo, ha rappresentato la prima occasione di ritrovo, dopo la veglia di Pentecoste, per i 158 membri dell’assemblea sinodale. Essi, partendo da questo testo, dovranno confrontarsi per individuare la strada della Chiesa lodigiana nei prossimi anni. Lo ha presentato in sintesi don Enzo Raimondi, segretario generale del Sinodo. Come ha precisato il vescovo Maurizio,

«siamo chiamati ad accogliere la buona notizia del Vangelo, ad essere testimoni di questa novità trovando modi e parole adeguati al contesto in cui viviamo, per discernere le sfide pastorali, scegliere la via, cooperare nel prendere le opportune decisioni in ascolto dello Spirito».

Lodi, Cattedrale, da sinistra il segretario del Sinodo, don Enzo Raimondi, il Cancelliere mons. Gabriele Bernardelli, mons. Maurizio Malvestiti vescovo e la componente laica, Giuseppe Migliorini e Raffaella Rozzi.

Il vescovo Maurizio ha chiarito come la “sinodalità” sia dimensione costitutiva della Chiesa: «Questo termine non si trova negli atti del Concilio Vaticano II, ma costituisce il cuore dell’opera di rinnovamento che il Concilio ha promosso, ribadendo la comune dignità e missione di tutti i battezzati nella molteplicità delle vocazioni e dei ministeri». Una molteplicità rappresentata dai “sinodali” riuniti in cattedrale: donne e uomini provenienti dalle parrocchie, dalle associazioni laicali, sacerdoti e religiosi ma anche laici, famiglie, tanti giovani.

«La partecipazione di tutti è essenziale» ha affermato il vescovo, esprimendo il desiderio che questo evento sia occasione di confronto e di ascolto anche con chi non si riconosce nel popolo cristiano. «Sia Cristo a fare breccia nei cuori, prima di tutto nei nostri, nei giovani, perché possiamo essere davvero, senza retorica, Chiesa povera tra i poveri».

Per questo il vescovo ha ricordato anche il senzatetto morto in stazione la scorsa settimana, perché l’indifferenza non trovi spazio nella nostra società e la Chiesa di Lodi, in comunione con la Chiesa universale, possa entrare nelle ferite dell’umanità per guarirla dai mali che l’affliggono. Monsignor Gabriele Bernardelli ha chiarito i passaggi pratici del regolamento delle sessioni sinodali, infine Raffaella Rozzi, membro della presidenza del Sinodo, ha portato la sua riflessione: «Il Sinodo non è un piano da realizzare, ma uno stile da incarnare – ha detto prima della preghiera finale -; non è un parlamento in cerca di una maggioranza, ma un’assemblea che si pone in ascolto dello Spirito». Col vicario generale, membro della presidenza, hanno preso parte a questa “preparazione immediata“ all’evento sinodale tutte le rappresentanze della comunità diocesana.

di Federico Gaudenzi

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