La differenza la fanno le persone

Intervista: La Chiesa è una comunità di persone che credono, convocate da Cristo per vivere nella fraternità la potenza della sua Pasqua

Il confronto sinodale seguirà la triade suggerita dal vescovo nella sua lettera presinodale: Terra, Persone, Cose. Nelle pagine dello strumento di lavoro consegnato ai sinodali si legge, fra l’altro, che la differenza la fanno le persone. Ma che cosa significa? Ne parliamo con don Enzo Raimondi, segretario generale del Sinodo e parroco di Maleo.

«Il vescovo, richiamando la triade di Terra, Persone e Cose, non manca mai di sottolineare che proprio le “persone” stanno al crocevia tra le altre due. In effetti, se la “Terra” rappresenta le coordinate spazio temporali in cui viviamo e siamo chiamati a dare la nostra testimonianza di fede anche oggi e le “Cose”, rappresentano i beni, gli strumenti, le strutture per permettere alla comunità di radunarsi e di svolgere la sua missione, sono le “Persone” ad abitare un territorio, a raccogliere le sfide che il tempo presente ci offre, ad usare saggiamente delle cose perché tutto concorra alla maggior gloria di Dio».

Don Enzo Raimondi, segretario generale del Sinodo e parroco di Maleo.
Provi ad essere più concreto…

«Pensiamo alle nostre parrocchie. La Chiesa non è semplicemente una organizzazione, una serie di iniziative e di programmi; non si identifica con le sue strutture, di cui per altro ha bisogno. La Chiesa è essenzialmente una comunità di persone che credono, convocate da Cristo per vivere nella fraternità la potenza della sua Pasqua, che trasfigura la vita degli uomini e le loro relazioni. Non è una evidenza da dare per scontata. Troppo spesso ci si dimentica che a costruire la comunità, grazie al dono dello Spirito, sono precisamente le persone. La diminuzione dei sacerdoti, ma anche di molti fedeli nella partecipazione attiva alla vita della comunità, lo sta rendendo ogni giorno sempre più evidente».

Dalla consultazione che ha preparato i lavori del Sinodo, quali sono i riferimenti essenziali per tentare di rimettere realmente al centro della vita della Chiesa le persone?

«Sono essenzialmente quattro: la sinodalità, la cura per la qualità delle relazioni, la formazione e la comune chiamata alla santità. Le persone chiedono anzitutto di essere interpellate, coinvolte, di partecipare con responsabilità all’edificazione della comunità e alla missione della Chiesa, nel rispetto e nel reciproco arricchimento tra le differenti vocazioni. Papa Francesco, chiedendo a tutta la Chiesa di compiere un cammino sinodale, intende precisamente indicare che solo “camminando insieme” potremo essere davvero Chiesa e potremo guardare al futuro con speranza.
Certo non è facile, non lo è stato nemmeno per gli apostoli. Invidie, gelosie, voglia di primeggiare, il facile giudizio inquina anche le relazioni che viviamo nelle nostre parrocchie e nei nostri gruppi. Quante energie sprecate! È sempre il Diavolo che tenta di dividere. Per questo, molto dipende dalla qualità dei nostri rapporti e dalla cura conseguente che siamo chiamati ad avere per intessere relazioni autentiche, di vera stima e amicizia reciproca. Quello che spesso risulta fragile è il fondamento, le motivazioni profonde e autentiche che ci debbono sostenere.
Ecco perché diventa decisiva la formazione che non è anzitutto una abilità nel fare o nell’esibirsi, ma nell’essere veri cristiani, ancorati a Gesù Cristo come all’unico fondamento che sostiene l’intero della nostra esperienza ed anche del nostro lavoro. È questo il desiderio di vivere una vita santa e che tutti ci accomuna».

Le persone camminano nel tempo, dunque anche la Chiesa. Quali temi primari che interpellano la persona non possono essere trascurati nel confronto sinodale?

«È proprio mettendo al centro le persone, che siamo quasi obbligati a fare i conti con la concretezza della loro vita, dei loro problemi, ma anche di quelle risorse che ogni persona porta con sé e che, seppure ci paiono insufficienti come i cinque pani e due pesci messi nelle mani di Gesù per sfamare la folla, egli saprà ancora moltiplicare affinché tutti possono essere saziati.
I temi che toccheremo saranno davvero molti, dalla famiglia, ai percorsi per educare alla fede, dall’attenzione ai giovani affinché trovino ancora spazio nelle nostre comunità, agli anziani e agli ammalati che la pandemia ha fatto sentire ancora più soli. I temi del lavoro, dell’immigrazione, dell’emarginazione, del dialogo, della collaborazione… Proprio perché si parla di persone, nel sinodo si parlerà della vita reale, della vita di ogni giorno».

Credenti e non credenti. La Chiesa è per tutti, perché il Vangelo è per tutti. È un messaggio importante che dal Sinodo emerge?

«Non solo emerge, deve emergere, ma è il cuore del Sinodo: per questo il vescovo lo ha messo nel titolo. La conversione missionaria delle nostre comunità è proprio quello che Papa Francesco chiede nella Evangelii Gaudium chiedendoci di condividere il sogno di una Chiesa aperta, accogliente, estroversa, desiderosa di uscire e camminare sulle strade dal mondo, piuttosto che rintanarsi nelle sacrestie. Quanto timore, quanta insicurezza proviamo nel fare questo passo decisivo. “Coccoliamo” chi viene ancora in chiesa e partecipa alle nostre iniziative, ma siamo spesso completamente incapaci di trovare strade nuove per incontrare ed avvicinare chi ci sembra “lontano” o non “dei nostri”.
Il Sinodo dovrà dare una spallata ai portoni ancora socchiusi delle nostre Chiese, così da invitarci a testimoniare il Vangelo con la nostra vita in mezzo agli uomini, facendoci loro compagni di strada come Gesù fece sulla via verso Emmaus fra i due discepoli in fuga. La cosa interessante sarà scoprire che questa scelta farà guarire anche le nostre stesse comunità da tutte quelle malattie che insorgono quando si sta in un ambiente asfittico e chiuso».

Marta e Maria: fra “faccende” e “ascolto della Parola”. Come il Sinodo affronta questa pagina di Vangelo che a volte tocca la quotidianità delle parrocchie, dei vicariati..?

«Dire che la differenza la fanno le persone, non significa che tutto dipende da noi. Sono anzitutto le tre divine persone, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo a sorreggere, accompagnare, proteggere, guidare la Chiesa.
Sono le persone che unte dalla Grazia, vengono impiegate come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale. Per questo motivo solo tenendo insieme la preghiera e l’azione, riconoscendo il primato dell’opera di Dio, noi potremo tentare di costruire qualcosa che rimanga, dare fecondità al nostro lavoro».

di Sara Gambarini

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