Il cuore del Sinodo oltre le parole, perché il Vangelo sia davvero per tutti

In Cattedrale ieri sera la Messa presieduta da monsignor Malvestiti per la chiusura con la benedizione della Città e del lodigiano

Il cuore del Sinodo va oltre le parole. È racchiuso simbolicamente nel cammino che il vescovo, guidato dal Vangelo e accompagnato dai sinodali, ha percorso ieri sera scendendo nella cripta della cattedrale, passando davanti all’urna di san Bassiano, per poi risalire e, al termine della celebrazione eucaristica, attraversare la cattedrale, aula sinodale e cuore della fede nella diocesi, per condurre l’evangeliario fuori, sul sagrato, in mezzo alla città, per benedire l’intera diocesi.

Il Vangelo per tutti

Oltre le parole c’è quindi il Vangelo, Parola antica che animò il cammino del primo vescovo, ma anche sempre nuova: vivere il Sinodo significa portarla nella terra, tra le persone e le cose, perché il Vangelo sia davvero per tutti.

Per la Parola, che ha guidato il Sinodo in queste dieci sessioni cominciate lo scorso ottobre, è giunto il momento di farsi carne, come è avvenuto ieri sera durante l’Eucarestia, in cui si è celebrata la solennità dell’Annunciazione, l’eccomi di Maria che da duemila anni è esempio per i cristiani di libera adesione alla volontà del Padre.

«Lo stupore adorante per l’annunciazione accompagna il grazie – ha affermato il vescovo -. Il grazie per tutti i sinodali, dalla presidenza e segreteria a tutti quelli che hanno contribuito a questo momento, ai volontari, alle parrocchie, i movimenti, i seminaristi e i fedeli, i ragazzi e i giovani e tutti coloro che hanno accompagnato il Sinodo con la loro preghiera e ogni attenzione».

Non ancora il momento dei bilanci, quindi, ma prima di tutto il momento del grazie per un impegno che è stato sicuramente gravoso, che è cominciato con l’attività preparatoria durante la quale sono state consultate le diverse anime della Chiesa laudense, che ha interiorizzato la tragedia della pandemia, e che si è concretizzato nelle sessioni di discussione e nel voto. Ora, l’ultimo atto: la stesura del libro sinodale che sarà firmato ufficialmente dal vescovo il prossimo 4 giugno, vigilia di Pentecoste, con la formula antica che usarono i Padri della Chiesa durante il primo sinodo di Gerusalemme: «Lo Spirito santo e noi».

Essere sinodali, tuttavia, significa «avanzare in armonia», come ha spiegato il vescovo Maurizio durante l’omelia, per i cristiani, «pellegrini dell’Assoluto», questo avanzare non si concluderà con la Pentecoste, che anzi chiamerà i battezzati a «tradurre il libro sinodale nella quotidianità», costruendo «sentieri di solidarietà, di cultura e di pace», imparando così ad annunciare il Vangelo ai poveri, agli anziani, agli ammalati, ai perseguitati e a chi è in fuga, a tutti.

La consacrazione al cuore immacolato di Maria

Il pensiero, inevitabilmente, è andato ai milioni di persone in fuga dalla guerra che sta infuocando la periferia d’Europa: in un momento così solenne per la Chiesa di Lodi, il vescovo infatti ha recitato la preghiera con cui, in comunione con il santo Padre, la Chiesa universale ha consacrato al cuore immacolato di Maria le nazioni del mondo, e in particolare la Russia e l’Ucraina.

«La tua presenza riporta la pace, perché tu sempre ci guidi a Gesù, Principe della pace. Ma noi abbiamo smarrito la via della pace» ha detto il vescovo, leggendo il testo diffuso dal Pontefice. «In quest’ora l’umanità, sfinita e stravolta, sta sotto la croce con te – ha proseguito -. E ha bisogno di affidarsi a te, di consacrarsi a Cristo attraverso di te. Il popolo ucraino e il popolo russo, che ti venerano con amore, ricorrono a te, mentre il tuo Cuore palpita per loro e per tutti i popoli falcidiati dalla guerra, dalla fame, dall’ingiustizia e dalla miseria. Noi, dunque, Madre di Dio e nostra, solennemente affidiamo e consacriamo al tuo Cuore immacolato noi stessi, la Chiesa e l’umanità intera, in modo speciale la Russia e l’Ucraina».

La pietà umana, lo smarrimento, le parole di condanna alla violenza ripetute in queste settimane si arricchiscono con il sigillo della consacrazione che è un atto di abbandono nelle mani di Cristo e della Vergine, ma anche una chiamata alla responsabilità di ciascuno nella ricerca della giustizia e nella costruzione della pace.

La benedizione della città

La consacrazione è avvenuta ai piedi dell’immagine in seta della Madonna di Guadalupe, donata al vescovo da don Piero Pedrazzini, missionario in Messico tornato al padre un anno fa. Al termine della funzione, la processione silenziosa dei fedeli, con un lume tra le mani, si è portata fuori dalla cattedrale, dove il vescovo ha consegnato questa immagine al direttore di Caritas, che la porterà presso la Casa San Giuseppe, il nuovo dormitorio aperto in città lo scorso 12 dicembre, ricorrenza appunto della Madonna di Guadalupe.

«La città e il territorio erano nel nostro cuore mentre consacravamo le nazioni al cuore immacolato di Maria – ha detto il vescovo nella piazza lodigiana -. Il nostro cuore va a Guadalupe, a Fatima, dove la Vergine Madre di Cristo ha acceso per l’intera umanità una luce di speranza. Questo lume ricorda la speranza che non si spegne recatelo nelle vostre parrocchie nella prossima Messa domenicale».

Il vescovo ha concluso la funzione innalzando il Vangelo per benedire il capoluogo e il territorio (rappresentati dal Sindaco di Lodi, dal Presidente della Provincia e del Consiglio Comunale Cittadino), le persone che lo abitano e le cose che servono alla creazione di un mondo che sia terreno fertile per la Parola di verità, di giustizia e di pace annunciata da Cristo.

di Federico Gaudenzi

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