Secondo la definizione di Alan Turing, l’intelligenza artificiale consiste nel pensare dei sistemi in grado di far comportare una macchina come se fosse intelligente. Nessuna macchina però ha finora superato il test di Turing che determina se uno strumento sia in grado di esibire un comportamento umano intelligente indistinguibile da quello umano. Quella con cui oggi ci confrontiamo infatti è ancora Intelligenza artificiale debole, ossia una IA che guarda agli obiettivi. Quella forte invece – su cui si sta lavorando – sarà una IA confrontabile a quella umana. La Super intelligenza – la più temuta, ammesso che ci si arrivi – sarà quella che supererà l’intelligenza umana. Per poter parlare di IA infatti occorre che la macchina impari, che gli algoritmi sappiano imparare: se esegue, è solo una macchina. Per ora, dunque, il fine dello sviluppo dell’IA è ancora tutto nelle mani dell’Uomo chiamato a decidere il suo futuro e quello del mondo in base alla sua intelligenza naturale, data dalla conoscenza, dalla consapevolezza e dall’anima di cui nessuna macchina dispone.
E’ quanto emerso sabato mattina presso il collegio vescovile di Lodi al secondo convegno diocesano per gli operatori della comunicazione “Intelligenza artificiale e sapienza del cuore”, organizzato dall’Ufficio Comunicazioni Sociali della Diocesi di Lodi, che ha visto il professor Alfio Quarteroni, matematico di fama internazionale, condurre il pubblico alla scoperta dell’IA: della sua definizione, tra vantaggi e rischi.
“Gli algoritmi non hanno teoria, non hanno consapevolezza, hanno solo esperienza – ha spiegato il professore -: qualsiasi cosa può essere codificata coi numeri (già oggi parliamo di 175 Zbyte di dati) e l’algoritmo non è che un mediatore matematico; certo, se i dati forniti alla macchina sono fasulli, anche le risposte e le soluzioni saranno fasulle – ha continuato -. Il dato non ha una verità e la macchina non ha conoscenza del fine, non è spiegabile, interpretabile; la persona dunque è centrale”.
Come usare la tecnologia e l’innovazione dipende dall’Uomo. E’ l’eterno dilemma dell’uso duale della scienza. Inoltre ci sono cose che l’IA sa fare meglio dell’Uomo e viceversa. Dal punto di vista della comunicazione, i rischi maggiori riguardano le fake news, il revisionismo, la diffusione di storie, racconti falsi. E’ in questo senso che il ruolo dei professionisti della comunicazione, l’incontro con l’altro, risultano ancora più fondamentali.
di Sara Gambarini