Don Mario, buon padre e fratello

Lettera di saluto di SE Maurizio Malvestiti in ricordo di don Mario:

Don Mario, buon padre e fratello

Molto familiare è il cordoglio della diocesi di Lodi per la partenza di Mons. Mario Ferrari Bersani. Era buon padre e fratello. Ed è entrato nel Natale senza fine in punta di piedi per non disturbare la festa. Risiedeva a Lodi Vecchio, dove era nato e tornato da quando l’avanzare dell’età e la malattia gli avevano impedito di rimanere al Chiesuolo di Massalengo, nella casa da lui voluta per l’accoglienza dei migranti. Uno dei grandi amori della sua lunga e feconda esistenza di “decano” del presbiterio laudense, se risaliamo alla data di ordinazione sacerdotale (31 maggio 1947). Il suo curriculum apre il vasto panorama di una vita: vicario parrocchiale a Graffignana, parroco a Borgo San Giovanni, missionario tra gli emigranti in Belgio, direttore de Il Cittadino (divenuto quotidiano sotto la sua direzione), direttore diocesano “Migrantes”, cappellano del Carmelo e del carcere a Lodi, canonico del Capitolo della Cattedrale.

L’ho conosciuto, venendo a Lodi, già novantenne. In occasione del mio ingresso, don Mario aveva raccontato il rapporto con i sei vescovi della sua vita, da mons. Calchi Novati a Mons. Merisi. L’autunno è di Lodi, aveva scritto citando il titolo di un volume del sacerdote e letterato Cesare Angelini: «Sarà l’ambiguità dell’autunno che può morire ma nello stesso tempo un rifiorire, una promessa di nuova gloria». Come a indicare, anche per sé stesso, che nessuna stagione è tempo per tirare i remi in barca, men che meno per battere in ritirata. Non l’ho mai trovato “a riposo”, ma pieno di ardore, proteso a nuovi orizzonti, dovendo perfino benevolmente moderarne lo zelo. Con i Canonici ha ritmato per lungo tempo la preghiera della nostra Chiesa preparandosi all’incontro decisivo.

Gli ho fatto visita l’ultima volta all’antivigilia di Natale, col vicario generale, trovandolo vigile e ancora tanto devoto al Vescovo. L’ho benedetto, poi abbracciato e baciato con affetto paterno, dandogli appuntamento al ritorno dalla Terra Santa. Ma se ne è andato prima, forse per accompagnarci ancor meglio dal cielo. Ed è quanto gli ho chiesto stamane, benedicendo le sue spoglie mortali. Lo sentirò vicino, e celebrerò in suo suffragio, ricordando il pellegrinaggio che egli condivise in quella Terra solo due anni fa, senza mai sottrarsi ad alcun momento dell’impegnativa esperienza.

Abbiamo ritrovato alcuni scatti tanto eloquenti: il primo lo ritrae all’inizio della Messa a Betlemme quando mi presentò il Bambinello. Sembrava il vecchio Simeone. Aveva lo sguardo carico di giovinezza interiore e non riusciva a trattenere il nunc dimittis (cantico evangelico del congedo), benché fosse tanto intenzionato a rimanere tra noi meravigliandoci con la sua vitalità.

Nel secondo sta percorrendo la via dolorosa, mano nella mano col vescovo, per non fermarsi se non alla soglia della celeste Gerusalemme.

Il 29 giugno scorso lo avevamo festeggiato in Cattedrale, con i canonici, per i 95 anni, insieme a tre confratelli novantenni. Le sue condizioni non erano ottimali, e col passare del tempo si è avviato serenamente e dignitosamente a concludere i suoi giorni, pronto ormai a sentire l’invito del Signore: “vieni, servo buono e fedele”. Don Mario è spirato a Lodi Vecchio nell’abitazione tra la Chiesa parrocchiale di san Pietro e la Basilica dei XII Apostoli, e siamo sicuri che, insieme al primo degli apostoli, San Bassiano accompagnerà subito in paradiso questo amato figlio della sua chiesa e del suo presbiterio, della antica e nuova Lodi. E gli dirà con gioia il nostro grazie.

+Maurizio, vescovo

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