Stemma episcopale

STEMMA-VESCOVO-MALVESTITI

Autore

L’autore è S. Em. R. il Card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, Arciprete emerito della Basilica di San Paolo fuori le mura in Roma.

Descrizione

Lo scudo è accollato ad una croce astile di grado vescovile (con un solo traverso), sormontata da un cappello (galero) con sei fiocchi pendenti in ciascun lato (1.2.3), di grado vescovile; il tutto di verde. Lo scudo è a forma di testa di cavallo. In basso un cartiglio di oro con il motto: “in silentio et spe”.

Blasonatura dello scudo

Di rosso e di azzurro, troncati da una fascia diminuita di oro. Nel primo un sole di oro fiammeggiante; nel secondo una stella (8), con in punta tre fasce ondeggianti e diminuite, il tutto di argento.

Lettura dei simboli

Il sole è Cristo: Oriens ex alto (Lc 1,78) e Lumen gentium secondo il Concilio Ecumenico Vaticano II (cf Costituzione dogmatica sulla Chiesa 1,1). San Giovanni Paolo II lo presenta come Orientale lumen (cfr lettera apostolica del 2 maggio 1995). Si evoca così il legame con l’Oriente cristiano maturato nel ventennale servizio nella Curia Romana, richiamando al contempo la comunione con Papa Francesco, che annovera tale simbolo nel suo stemma. Dal sole trae luce la stella (ad otto punte): Maria, madre di Dio e della Chiesa, è illuminata dal suo Signore. Cristo con Maria e la Chiesa vegliano fin dalle origini sul cammino del nuovo Vescovo. Alle origini e al successivo itinerario alludono le fasce ondulate: il paese d’origine è sulla riva del Brembo e con l’Adda forma l’Isola bergamasca, che diede i natali a San Giovanni XXIII. L’Adda giunge a Lodi: con il Po forma un’altra isola, che accoglie buona parte del territorio diocesano. L’onda del Tevere ha accompagnato, del resto, i venti anni romani. Ma in realtà è l’unda baptismi, significata dall’argento, a segnare con la grazia divina l’intera esistenza e a mantenerla nell’azzurro della sua provvida cura. Il rosso e il giallo sono i colori di Lodi e di Bergamo.

Motto

“In silentio et spe”: è un riferimento ad Isaia 30,15. Il Vetus Testamentum della Nova Vulgata riporta il versetto come segue: “in silentio et in spe erit fortitudo vestra”. Sulla parete di una sala del Palazzo Apostolico tale versetto è riportato, invece, omettendo “in” davanti a “spe”. Ed è proprio in questa forma che esso è ben noto al nuovo Vescovo fin dal seminario, specie perché citato da Santa Teresa d’Avila, tanto da confluire nella regola carmelitana. Il binomio in silentio et spe può essere reso con: “nel silenzio e per mezzo della fiducia”. La Bibbia di Gerusalemme lo traduce, però, con l’espressione seguente: “nell’abbandono confidente”: ed è questo l’invito che il motto episcopale vorrebbe proporre a tutti. Speranza e forza scaturiscono dal silenzio del Crocifisso e dal confidente abbandono alla volontà del Padre, se rimaniamo uniti al Figlio nello Spirito Santo.

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