Messaggio di Pasqua del Vescovo

Il silenzio solare e misericordioso del Cristo in gloria a Lodivecchio, nella centralità che storia, arte e fede gli assegnano, ancora di più, saprà aprire il cuore in chi lo ammirerà al termine dei restauri in corso. Fin d’ora può, tuttavia, meritare a commento della sua bellezza il verso ispirato che conclude la Divina Commedia: Amor che move il sole e l’altre stelle (Paradiso, canto XXXIII). Parole mirabili! Nel settimo centenario dalla morte di Dante (14 settembre 1321) consolano anche noi (la datazione dell’affresco, del resto, parrebbe risalire al 1320-25). E al contempo incoraggiano, convocando la più alta poesia e la teologia, ad orientarci verso il sole e le stelle, che ci accompagnano in tempo di serenità e di calamità a ricordarci che siamo sempre “pellegrini dell’Assoluto”. Ogni Pasqua riaccende sole e stelle nel cuore dei cristiani, incaricandoli di recare all’intera umanità la loro impareggiabile luce.

Il sommo poeta veste per noi l’abito del “profeta di speranza”, come lo ha definito papa Francesco nella lettera Candor Lucis aeterne pubblicata il 25 marzo scorso. Il giorno dell’Annunciazione, nella Firenze di Dante, avviava l’anno civile (ab Incarnatione Domini). Ed è una delle date ritenute consone all’inizio del viaggio descritto nella Commedia, che riguarda uomini e donne di ogni tempo e luogo, senza esclusione, resi fratelli e sorelle, tutti, dagli stessi insopprimibili desideri. Ciascuno è pronto ad affrontare addirittura l’inferno di ogni precarietà pur di uscirne a riveder le stelle (canto XXXIII). Ma anche il purgatorio della fedeltà feriale, più impegnativa di quella occasionale o straordinaria, per divenire puro e disposto a salire alle stelle (canto XXXIII). Non siano sottratti a cristiani e non, il sole e l’altre stelle, che tengono viva la memoria della definitiva festa giustificando il nostro perseverare in umanità nonostante ogni debolezza e contrarietà.

A svelare in anticipo l’affresco del Pantocrator, colmandoci di benevolenza e fiducia, vorrei che fossero i vicendevoli auguri affinché la pasqua 2021 sia effettivamente di risurrezione. L’anno scorso fu solo una trasfigurazione, benché ispirata da Raffaello, con la tela dedicata a quell’evento evangelico, poiché ricorrevano i cinquecento anni da quando egli ci lasciò. Erano, infatti, più severe le condizioni sanitarie e sociali: in cattedrale celebravo con poche persone e avverto, tuttora, il riverbero infelice di quel vuoto. Immensa era la pena per l’incognita sul futuro alimentata dall’inquietante perdita di molte vite umane.

Non ci manca l’affanno in questa pasqua, ma la “Vergine Madre, figlia del suo Figlio…è di speranza fontana vivace” (Paradiso, XXXIII), e, con san Bassiano che subito la segue nell’affresco dell’antica Basilica, indica il Pantocrator quale “Via” sicura.  E così evoca la forza generativa di una comune paternità e maternità, mai smarrite dalla nostra terra, che ci consente di ripartire insieme. La pasqua è il respiro del perdono di Dio, divenuto fraterno. È la Cena dell’Agnello imbandita per tutti. Cena “ultima” per il tradimento che tentò di rovinarla ma “prima” per l’amore, il più fedele, di cui rimane limpida sorgente. È un abbraccio la pasqua, che nessuno esclude, pur nel distanziamento ancora necessario. È un volto sfolgorante, come quello del Cristo, che spalanca le coscienze liberandole da ogni timore, mentre i più piccoli guardando le amabili figure dell’abside di Lodivecchio si chiederanno come mai non indossino la mascherina. Nella fraternità solidale sapremo rispondere proprio alle giovani generazioni assicurando che vinta è la morte, benché tenti ancora di allontanarci gli uni dagli altri.

È offesa però la pasqua se isolata dalla storia. “Le stime riguardanti l’esplosione di vere e proprie faglie sociali tra ricchi e poveri, donne e uomini, giovani e anziani richiamano ad un forte senso di responsabilità le istituzioni civili e religiose”, hanno rilevato recentemente i vescovi italiani. Sono necessarie politiche intelligenti e coraggiose a sostegno dei più fragili, attorno al fulcro della ripartenza costituito dal mondo della salute, con l’auspicio di una campagna vaccinale sicura e celere. Ma il vero grido di allarme rimane la denatalità, ancora più colpita dalle condizioni socio-economiche post pandemiche, che feriscono le famiglie, penalizzando le giovani generazioni con una povertà educativa senza pari.

Augurio e preghiera dalla chiesa di Lodi col vescovo sono per tutti i lodigiani e le lodigiane come per quanti desiderano vivere con noi, a cominciare sempre da ragazzi e giovani. E poiché la pasqua è vita, non possono temerla proprio questi ultimi non considerandola insieme alla famiglia tra le migliori prospettive. Spetta a noi, però, di escogitare il più vasto consenso ideale attorno ad esse, elaborando validi percorsi a loro tutela. Una cultura diffusa al riguardo sosterrà interventi non approssimativi ma di ampia visione, rendendo incrollabile la fiducia nel futuro in un servizio appassionato alla vita.

+Maurizio, vescovo di Lodi

 

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