23 novembre 2025 - Cristo Re

Innocenti o amici?

L’ultima domenica dell’anno liturgico ci offre l’immagine di Cristo come Re crocifisso. Cosa accade intorno a lui? Come si comportano quelli che, in teoria, dovrebbero essere gli innocenti perché a piede libero? L’evangelista Luca ci presenta due atteggiamenti. Il primo è quello dello spettatore: «il popolo stava a vedere». Una massa indefinita di persone, non quantificabile numericamente, se ne sta lì a guardare, punto. Nessun intervento, nessuna parola riportata, non sappiamo nemmeno quali sentimenti attraversassero i loro cuori o quali pensieri riempissero le loro menti. Sembrano trattare Gesù come uno spettacolo qualunque.

Non è migliore l’atteggiamento dei capi del popolo, coloro che avevano macchinato per la condanna: «i capi invece deridevano Gesù». Lo scherno riguarda l’identità del Crocifisso: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Ad essi si associano anche i soldati: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». A completare il quadretto ecco la scritta affissa sopra di lui: «Costui è il re dei Giudei». Se il popolo assiste, inerme e con apparente indifferenza, i capi e i soldati scherzano sull’identità del condannato, deridono un moribondo, senza dimostrare un minimo di pietà neanche nel momento in cui le sue speranze di sopravvivenza sono azzerate. Ecco quali sono gli atteggiamenti dei presunti innocenti, quelli che hanno la legge dalla loro parte e possono permettersi di giudicare e condannare.

A sorpresa, l’unica parola amica arriva da un colpevole. Mentre «uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava», unendosi al gruppo degli impietosi, ecco che l’altro (che comunemente definiamo “buon ladrone”) riconosce la propria colpevolezza, dichiarando l’innocenza di Cristo: «egli invece non ha fatto nulla di male». E a quell’innocente condannato ingiustamente, ormai agli sgoccioli della vita, senza più alcuna possibilità umana di cavarsela e senza nemmeno mostrare l’intenzione di sottrarsi al supplizio, proprio a lui il ladrone consegna l’ultimo briciolo di speranza: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Tutti gli altri utilizzavano termini carichi di significato: re dei Giudei, eletto, Cristo (cioè Messia). Ma il loro scopo era deriderlo e sottolineare come quel moribondo non potesse essere il Salvatore. Il ladrone, invece, è l’unico a chiamarlo per nome («Gesù», dice), il nome umano, senza titoli, come farebbe un fratello o un amico. Ma proprio in questa confidenza gli affida le sue speranze, dimostrando di essere l’unico a riconoscere nel condannato il Messia, nel moribondo il Salvatore, nell’inerme il Re dei re. E quel colpevole che sa dimostrarsi fratello e amico sarà il primo salvato del Vangelo: «oggi con me sarai nel paradiso».

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