Come mai tutta questa insistenza sulla legge? Per ben quattro volte (e non è mica poco!) il Vangelo della Presentazione al Tempio ci fa notare che ciò che stanno compiendo Maria e Giuseppe con Gesù è quanto prescritto dalla Legge del Signore, cioè dalle norme religiose del popolo di Israele. Eppure, quando poi Gesù sarà cresciuto, il baricentro della sua attenzione sembrerà riposto in altro: gli ultimi, i piccoli, i poveri. Le persone, più che le regole, e dunque le regole in funzione del bene delle persone. Senza mai mettersi contro la Legge antica, Gesù è venuto a portarla a compimento e a donare uno spirito nuovo con cui vivere il rapporto con il Padre. In qualche modo, egli comincia a farlo già qui, quando, ancora infante, i genitori lo presentano a Dio e insieme a coloro che, con sguardo profetico (Simeone e Anna), lo riconoscono come salvezza di tutte le genti.
Ecco allora che siamo invitati a guardare con occhi nuovi anche il rispetto delle norme religiose all’interno di questa scena. Perché due sono gli avvenimenti che la festa di oggi pone sotto i nostri occhi, e a suggerircelo è il testo della liturgia: con il rito della presentazione al Tempio, Gesù «si assoggettava alle prescrizioni della legge, ma in realtà veniva incontro al suo popolo, che l’attendeva nella fede». Due sono quindi i movimenti che si intrecciano: da una parte, una famiglia che, come tutte le altre famiglie, ringrazia Dio per il dono di un figlio, presentandolo al Tempio e offrendo un sacrificio; dall’altra, è Dio stesso, in quel Figlio, a venire incontro all’umanità, così come sarà quello stesso Figlio ad offrirsi in sacrificio sulla Croce per la salvezza di tutti. Tutto si svolge a regola d’arte, nel pieno rispetto delle norme religiose del tempo, ma qualcosa di nuovo sta accadendo, ed è proprio Dio a compierlo: risponde all’attesa di salvezza.
Questo intreccio tra offerta umana e dono divino ci conduce a vivere in modo nuovo e autentico il nostro rapporto con il Signore. È scardinata la logica della prestazione, quella secondo cui io do a Dio qualcosa (tempo, energie, beni materiali) e lui, di conseguenza, deve rispondere erogando il servizio che gli chiedo. Se qualcuno si rivolgesse a noi in questi termini, non ci sentiremmo forse usati come un distributore automatico? Una relazione del genere è di tipo commerciale o servile. Ma ricordiamoci che Gesù non è venuto a rivelarci un dio mercante, davanti al quale trovare la giusta moneta di scambio, né un dio padrone, nelle cui grazie entrare annullandoci a zerbino. Gesù ci ha rivelato che Dio è Padre, e in una relazione autentica con lui non ci sono meriti da vantare né tasse da pagare né erogazioni da pretendere. Con il Padre si può stare solo in una relazione d’amore, da figli.
