Di dove sei? Ciascuno di noi risponderà con la città o il paese in cui abita. Qualcuno magari preciserà anche il quartiere o la parrocchia, se il suo cuore è particolarmente legato a quella realtà. Ma c’è una patria che, in teoria, dovrebbe accomunarci tutti: se siamo figli di Dio, la nostra patria è lui, che è nostro Padre. Di dove sei, dunque? San Paolo ci suggerirebbe: «voi siete di Cristo e Cristo è di Dio» (1Corinzi 3,23). Se abbiamo ricevuto lo Spirito Santo, che è l’amore del Padre e del Figlio, allora la nostra patria è lì, nel rapporto Padre-Figlio: è Gesù ad averci regalato la possibilità di essere figli di Dio come lui! E se diamo spazio a questa relazione nella nostra vita, allora possiamo affermare che siamo di Cristo, e con Cristo siamo di Dio: ecco la nostra casa.
Per consegnarci questo dono inestimabile, Gesù si è fatto vicino. Noi, esseri umani visitati dal Figlio di Dio, mangiamo alla sua presenza, possiamo cioè vivere le azioni ordinarie della nostra vita consapevoli della sua esistenza e della sua vicinanza. Addirittura possiamo partecipare alla sua mensa, quella del suo Corpo e del suo Sangue, l’Eucaristia. Lui ha insegnato nelle nostre piazze e la sua Parola raggiunge anche le nostre orecchie e i nostri cuori, a distanza di duemila anni. Ma tutto ciò non costituisce il nostro curriculum: questa collezione di azioni è il curriculum di Gesù, che si è fatto vicino, ha mangiato con noi e si è dato come cibo, ha insegnato e ci ha consegnato una Parola eterna. È il suo curriculum, non il nostro: ecco perché, a chi vorrà vantare tutto questo nel momento del giudizio, il Signore risponderà: «Voi, non so di dove siete».
Parole dure, che spiazzano: come può dire di non sapere di dove siamo? Noi l’abbiamo conosciuto, abbiamo mangiato con lui e magari anche “di” lui: come fa a non conoscerci? Non era lui la nostra patria? Ma ecco che aggiunge: «Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!». Allora cominciamo a comprendere. Conoscere Gesù, essere da lui conosciuti e abitare in lui ha a che fare con la giustizia, cioè col modo di comportarsi. Se il mangiare con lui e l’ascoltare il suo insegnamento non porta ad una vera conversione, la sua vicinanza non ha fatto alcuna differenza nella nostra vita, perché non glielo abbiamo permesso. Se il nutrirci di lui nell’ascolto della sua Parola e nella partecipazione alla mensa eucaristica non si traduce poi in un comportamento coerente, portandoci a vivere il comandamento dell’amore declinato nelle varie situazioni concrete (le famose opere di misericordia che troviamo in Matteo 25,31-46: dar da mangiare e da bere a chi ha fame e sete, accogliere chi è straniero, vestire chi è nudo, far visita a chi è malato o in carcere), allora davvero il Signore potrà dirci: «non so di dove siete», non riesco a riconoscervi. Perché non sarà stato lui la nostra casa, ma avremo scelto di abitare altrove.