I movimenti del padre della parabola richiamano un elastico: accetta l’allontanamento del figlio minore, ma non appena lo scorge da lontano, ecco che gli corre incontro, come un elastico rimasto in tensione fino a quel momento e che finalmente può tornare in una condizione di rilassamento. Allora ci viene il sospetto: non è che forse quella tensione c’era anche dentro la relazione con l’altro figlio? Non ce ne eravamo accorti in partenza, ma l’uscita del padre verso il figlio maggiore che, tornato dai campi, si rifiuta di entrare a festeggiare, ci parla di una tensione, una distanza che si era interposta e che il padre, andando incontro anche a lui, desidera superare. Ecco come si dilata il cuore di questo padre, estendendosi per superare ogni distanza (non solo fisica) e abbracciare tutti i suoi figli, col desiderio di tornare a stringerli a sé.
Notiamo che in questi movimenti il padre misericordioso ha una cura particolare per ogni figlio. Il minore, tutto contrito, non fa in tempo a terminare la frase che si era preparato per chiedere di essere accolto come servo, ed ecco che il padre lo interrompe: non ascolta le ragioni per cui quel figlio avrebbe dovuto smettere di essere figlio, ma mette in moto tutta la casa per riabilitarlo subito. Ma poi lo stesso padre, uscendo incontro al maggiore, presta ascolto alle sue rimostranze, per potergli dare una risposta che accorci le distanze, questa volta tra i due fratelli. Perché il figlio maggiore, per parlare dell’altro, aveva detto «tuo figlio», come se la parentela non lo riguardasse, mentre il padre gli risponde parlando di «tuo fratello»: l’elastico del cuore paterno desidera ricondurre a vicinanza.
Scopriamo, allora, che la riconciliazione con Dio ci riguarda tutti. Non soltanto perché ciascuno di noi è un po’ quel figlio minore che, in un andamento a fisarmonica, tende ad allontanarsi dal Padre e ha bisogno continuamente di tornare a farsi abbracciare da lui. Ma anche perché la misericordia che il Signore dispensa ci ricorda la nostra identità di figli suoi, e dunque fratelli tra noi. Nell’ascoltare la parabola di questo padre tutto intento a correre di qua e di là per andare incontro ad ognuno, ci riscopriamo figli attesi con trepidazione ma anche fratelli che nella propria identità hanno inciso il legame con tutti gli altri figli di Dio. Pertanto, dentro questo movimento della misericordia, il soggetto per eccellenza rimane il Signore, autore del perdono e fondamento di ogni speranza, come ci ricorda Paolo nella seconda lettura, ribadendo a più riprese che tutto «viene da Dio» ed è lui a riconciliarci a sé (vedi 2Corinzi 5,17-21). Ma anche noi siamo investiti di una missione, come lo stesso Paolo afferma: «In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori […] Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 20). Perdonati, siamo inviati come ambasciatori di misericordia e di fraternità, per restituire speranza al mondo di oggi.
