Ogni essere vivente ha il suo habitat naturale. Qualcuno, magari, è dotato di maggiore capacità di adattamento, che gli consente di sopravvivere anche fuori dal suo contesto originario. Ma resta il fatto che l’habitat naturale è quell’ambiente in cui la vita dà il meglio di sé e può sperare di portare frutto. Fuori, invece, si perde qualcosa, in certi casi si perde tutto. Anche il discepolo ha il suo habitat, fuori dal quale si sente perso, come un pesce fuor d’acqua o una quercia in mezzo all’oceano. Ce lo fa capire la scena della Trasfigurazione.
Gesù si trova evidentemente nel contesto giusto, in quell’ambiente in cui la sua vita dà il meglio, al punto da apparire (in anticipo) come sarà quando avrà già superato Passione e Croce, offrendo ai discepoli un assaggio della sua gloria. Qual è questo habitat, in cui dimora Gesù? Non può essere semplicemente la montagna, dal momento che i tre discepoli si trovano anch’essi lì, a pochi metri da lui, ma non sembrano proprio dare il meglio: in realtà, essi sperimentano una grande distanza, rinchiusi in un sonno che li conduce alla paura e allo smarrimento. Qual è allora il contesto naturale di Gesù, nel quale la sua identità si manifesta sfolgorante? «Mentre pregava», scrive l’evangelista: ecco l’habitat di Gesù! La preghiera, cioè il suo stare in relazione con il Padre, è il “luogo” in cui Cristo, in quanto Figlio, dà il meglio di sé.
Gesù ha saputo stare dentro questo “luogo” per tutta la sua esistenza terrena. Pur muovendosi e abitando ambienti geografici e sociali differenti (dal deserto alla riva del lago, dal piccolo villaggio sperduto alla grande città, dalla solitudine alla compagnia di pochi o di molti), Cristo non è mai uscito dal suo habitat naturale: grazie alla preghiera e alla costante comunione con il Padre, egli è rimasto, sempre e dovunque, il Figlio di Dio. Non si può dire lo stesso per i discepoli, soggetti agli alti e bassi della loro incostanza. Ma quel che è certo è che anche loro, una volta capito il segreto della “geografia” del Maestro e ricevuto lo Spirito da figli, hanno imparato a rimanere ben radicati nel Padre insieme a Gesù. Solo lì, essi possono sperare che la loro vita sia vita in pienezza, e porti frutto.
Il segreto, dunque, non è rimanere sulla montagna, come Pietro è tentato di fare. Il segreto è rimanere radicati nel Padre in compagnia di Gesù, ricordando che abbiamo ricevuto il suo Spirito da figli di Dio e lasciando che sia questa identità di figli a guidare il nostro camminare nel mondo. Portando sempre con noi questo “luogo” vitale, attraverso la preghiera regolare e la costante comunione con Dio, ogni ambiente sarà (potenzialmente) come la montagna della Trasfigurazione, in cui dare il meglio di noi stessi come discepoli e poter sperare in una vita piena e fruttuosa.