23 marzo 2025 - III domenica di Quaresima

Educazione quaresimale. Le modalità della speranza

Alcuni fatti di cronaca danno lo spunto a Gesù per il suo discorso. Si parla di gente fatta uccidere da Pilato oppure delle vittime del crollo di una torre. Ci sono sempre stati eventi drammatici che hanno portato ad interrogarsi sul significato di tali avvenimenti. Una scorciatoia è dire che chi li ha subìti se l’è meritato: pensarla così risolve molte questioni, liberandoci dalla difficoltà di tenere insieme le contraddizioni di questo mondo, come ad esempio il dolore degli innocenti. Le semplificazioni rispondono al nostro bisogno di certezze di fronte ad un mondo complesso, ma lo fanno con soluzioni a basso prezzo, dunque parziali, non rispettose della realtà. In qualche caso potranno essere utili, ma non possono essere il metodo quotidiano per guardare le persone e le situazioni della vita. La realtà è molto più complessa.

In questa terza domenica di Quaresima il Vangelo ci invita a domandarci: con quali occhi guardiamo persone e vicende, e con quali criteri giudichiamo? Ogni volta che riduciamo la complessità ad un solo elemento, assolutizzandolo, stiamo cadendo in un tranello. Un po’ come strappare una pagina da un romanzo e leggere solo quella: sicuramente ci troveremo qualche capoverso di senso compiuto, ma potremo forse pretendere di conoscere l’intera storia? È così che funzionano i giudizi superficiali: si guarda solo un tassello, dimenticando che è parte di un puzzle ben più grande e fondando il proprio giudizio su certezze che non sono affidabili.

Lo sguardo di Dio è di tutt’altro genere. Di fronte al popolo testardo, e dunque anche a ciascuno di noi, a volte impermeabili alle sue cure, il Signore sceglie di guardarci come il vignaiolo della parabola guarda il fico (immagine non casuale, visto che il fico che non porta frutti era diventato simbolo del popolo distante da Dio: vedi Geremia 8,13; Osea 9,10; Michea 7,1). Non nega la nostra infruttuosità, ma la riconosce e al tempo stesso non ci considera già spacciati, ma ci offre ancora una possibilità di portare frutto. Perché anche noi siamo complessi, e lui, che ci ha creati, lo sa bene. A volte le risposte di fronte alle avances di Dio sono immediate, altre volte i tempi di crescita richiedono molta, molta pazienza. Pensiamo al tempo che ci è voluto per trasformare il fuggitivo Mosè in amico di Dio e guida del popolo, pur con le sue imperfezioni. Ma lo sguardo del Signore è illuminato dalla speranza, fondata sul fatto che lui ci conosce bene, si fida tremendamente di noi e sa quali grandi frutti possiamo portare con il suo aiuto. Questo è il suo modo di guardarci e di agire: raccoglierci come siamo e offrirci nuove possibilità, per fare anche della nostra vicenda una storia di salvezza.

 

Don Stefano Ecobi

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