15 Giugno 2025 - Trinità

Un mistero di sovrabbondante amore

C’è modo e modo per affrontare le caratteristiche del nostro Dio. Si può pensare alla Trinità come ad un problema da sciogliere, un rompicapo da risolvere: come fa ad essere uno e allo stesso tempo essere tre? E come possono essere tre senza smettere di essere uno? C’è davvero da spaccarsi la testa. Ma esiste anche un altro approccio, che forse ci consente di affrontare con maggiore serenità il mistero del Dio Uno e Trino. A suggerircelo è il Salmo responsoriale di questa domenica in cui festeggiamo la solennità della Santissima Trinità. Di fronte all’immensità e alla meraviglia dei cieli e degli astri, l’autore del Salmo domanda al Creatore: «che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?». Ma con stupore aggiunge: «Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato» (Sal 8,5-6).

Anche noi, di fronte al mistero della Trinità, siamo invitati allo stupore. Non tanto perché non riusciamo a comprenderlo in ogni suo dettaglio, ma innanzitutto perché un Dio così ha voluto coinvolgere anche noi. Ce ne accorgiamo dalle parole del Vangelo. Gesù afferma: «Tutto quello che il Padre possiede è mio», come a dire che c’è un patrimonio condiviso tra le persone divine. Ma questo patrimonio non resta “dentro” Dio: Cristo promette che lo Spirito Santo «prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà». Insomma, Dio, che in sé è perfetto e può bastare a se stesso, nella sua sovrabbondanza d’amore ha voluto coinvolgere anche noi nella dinamica gioiosa della sua vita divina. Ed ecco che ci ha creati per poterci amare, e quando noi ci siamo allontanati da lui si è fatto vicino, quasi a rincorrerci, per mostrarci in Gesù l’infinità del suo amore, disposto a morire in croce per noi. E poi, con il dono dello Spirito Santo, ha fatto sì che la sua presenza in noi durasse per sempre.

Il rompicapo non sarà risolto. Ma nel momento in cui scopriamo che questo Dio non è rimasto chiuso in se stesso ma ha spalancato tutto il suo bagaglio d’amore a beneficio dell’umanità intera e di ciascuno di noi, ecco che germoglia la sorpresa. Chi gliel’ha fatto fare? Nessuno: l’ha deciso lui, nel suo sovrabbondante amore. Ma perché arrivare a farsi uomo e a morire in croce per noi? Perché ha ritenuto che noi, povere creature, valessimo un tale sacrificio, e attraverso questo donarsi fino all’ultima goccia di sangue ci ha dimostrato il suo infinito amore. E allora possiamo esprimere il nostro desiderio di una sempre più profonda comunione con questo Dio dall’amore strabordante, facendo nostra la preghiera di una monaca carmelitana che porta la Trinità nel suo nome: «O mio Dio, Trinità che adoro, […] che ogni minuto mi porti più addentro nella profondità del tuo mistero! Pacifica la mia anima; fanne il tuo cielo, la tua dimora amata e il luogo del tuo riposo. Che io non ti lasci mai solo» (Santa Elisabetta della Trinità).

 

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