1 Giugno 2025 - Ascensione

Una benedizione che non finisce

Gesù si stacca da terra mentre benedice i discepoli. Le due cose avvengono contemporaneamente. Quella benedizione è come un fermoimmagine scolpito in eterno negli occhi e nei cuori dei discepoli. L’Ascensione di Gesù non è un abbandono, un andarsene per lasciare un vuoto: è invece una benedizione che apre ad un’ulteriore novità. Una triplice novità.

Innanzitutto, una nuova modalità di vicinanza di Dio, quella dello Spirito Santo. Dice Gesù, prima di ascendere: «tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo», e poi aggiunge: «riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi» (Atti degli Apostoli 1,5.8). E che cosa farà questo Spirito Santo? Prima di tutto, assicurerà la presenza di Gesù in mezzo ai suoi, dando continuità a quanto hanno condiviso con lui durante la sua esistenza terrena. È in forza di questo dono dello Spirito che Gesù può assicurare la sua vicinanza per sempre: anche se non lo vediamo, il Risorto è con noi, e agisce attraverso tutto ciò che lo Spirito Santo fa fiorire nella nostra vita e nella comunità dei credenti. E questo produce grande gioia.

In secondo luogo, una nuova modalità di vita in compagnia di Dio, quella della testimonianza. Perché un’altra cosa che fa lo Spirito è trasformare i discepoli in apostoli, cioè inviati come «testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra» (Atti degli Apostoli 1,8). Se prima hanno vissuto fianco a fianco con Gesù, ora, trasformati dall’azione dello Spirito, diventeranno testimoni dappertutto, per condividere quel bagaglio tanto decisivo che hanno collezionato. Il volto di Dio visibile nel Maestro, la premura del Salvatore, la sofferenza e il dono totale del Crocifisso, la gioia della vita nuova del Risorto: tutto questo è l’incontenibile testimonianza che gli apostoli, spinti dallo Spirito, diffonderanno nel mondo intero, dentro una relazione viva con il Signore.

Infine, una nuova modalità di pensare il destino finale dell’umanità e di ogni singola persona, quella che la Lettera agli Ebrei descrive come un passaggio aperto da Cristo nel santuario del cielo (vedi Ebrei 9,24). Entrato nella vita eterna, il Risorto è come se avesse preso e portato con sé una fune, fissandola nel cielo a mo’ di àncora, e offrendoci la possibilità di afferrarla per entrarvi anche noi. Ecco il destino finale di ogni essere umano: se viviamo in comunione con Gesù grazie allo Spirito Santo e costruiamo relazioni umane all’insegna della carità autentica, allora la porta del cielo sarà spalancata anche per noi. E se di Gesù ci si può fidare, perché non ci inganna, la speranza della vita eterna potrà restare sempre accesa, come conclude la seconda lettura: «Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è degno di fede colui che ha promesso» (Ebrei 10,23).

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