a cura di don Stefano Ecobi
Il commento al Vangelo domenicale, disponibile da ogni sabato precedente, a cura di don Stefano Ecobi, presbitero della Diocesi di Lodi.
21 settembre 2025 - XXV Tempo ordinario: Seguire il servo o il Padrone?
Seguire il servo o il Padrone?
Si narra che ad un certo Giovanni, tutto intento a cercare la gloria cavalleresca sognando grandi imprese militari, il Signore abbia domandato: È meglio per te seguire il servo o il Padrone? Prontamente quello ha risposto: Meglio il Padrone! E allora, gli ha chiesto nuovamente Gesù, perché ti affanni a cercare il servo? Quel Giovanni, figlio di Pietro di Bernardone, sarebbe poi diventato San Francesco, e il servo a cui si era asservito in giovane età era la fama, la grandezza agli occhi del mondo. Sappiamo che da quel momento il giovane di Assisi ha cominciato a cambiare vita, comprendendo che il vero “grande” che conveniva servire era il Signore. La vicenda di Francesco ci aiuta a capire meglio il Vangelo di questa domenica.
Gesù racconta una parabola: c’è un amministratore che, scoperto a gestire in modo disonesto i beni del suo datore di lavoro, viene licenziato. Nel tempo che gli resta, allora, ricorre alla sua scaltrezza per guadagnarsi i favori di quelli che erano in debito con il padrone: li convoca e fa correggere le loro ricevute, applicando uno sconto. A sorpresa, il padrone resta positivamente colpito per la furbizia di quell’amministratore che, giocando col patrimonio altrui, si compra il favore di gente a cui, dopo il licenziamento, avrebbe potuto chiedere aiuto.
La parabola non vuole essere un elogio della disonestà. Mira piuttosto a raccomandarci un utilizzo furbo della ricchezza di cui possiamo disporre in questo mondo. E qual è il modo furbo secondo Gesù? Lo capiamo dalla battuta conclusiva: «Nessuno può servire due padroni». O si serve la ricchezza o si accoglie Dio come padrone. Quale scegliere, conoscendo Gesù, è facilmente intuibile. Disporre in modo furbo delle nostre ricchezze significa, nella prospettiva di Cristo, servircene senza esserne schiavi. Se il denaro diventa la ragione di vita, allora automaticamente non sarà più il Signore ad essere il nostro Dio, spodestato dal potere particolarmente seducente della ricchezza e della gloria mondana, o di qualunque cosa scegliamo di mettere al primo posto.
L’invito è allora quello di ripristinare la classifica di priorità, restituendo a Dio il primato. È un’operazione che non possiamo dare per compiuta una volta per sempre, perché siamo umani e i nostri alti e bassi (nella fede, ma anche nella salute, nei sentimenti, nelle gioie e nelle preoccupazioni) ci portano a slanci di adesione al Signore come pure a distrazioni che rapiscono il cuore. Dio conosce le nostre incostanze. Proprio per questo Gesù chiede anche a noi, come a Francesco: è meglio per te seguire il servo o il Padrone? E non lasciamoci intimorire dalla parola “padrone”, perché ci basta uscire dalla parabola per ricordare quale sia il modo in cui il Signore si fa vicino a noi: «Non vi chiamo più servi… ma vi ho chiamato amici» (Gv 15,15).