a cura di don Stefano Ecobi
Il commento al Vangelo domenicale, disponibile da ogni sabato precedente, a cura di don Stefano Ecobi, presbitero della Diocesi di Lodi.
2 novembre 2025 - XXXI Tempo ordinario: Il legame che non delude
Il legame che non delude
«Le culture poco serie nascondono la morte. Le culture molto serie la fronteggiano» (A. D’Avenia). E il modo con cui la fede cristiana ci suggerisce di affrontare seriamente il tema della morte è la speranza. È questa la parola chiave che caratterizza la Commemorazione dei fedeli defunti, celebrazione che quest’anno, cadendo di domenica, potrà forse ricevere un po’ più di visibilità, costringendoci ad estrarre dal cassetto temi che si tende a voler dimenticare.
Dopo che la solennità di Tutti i Santi ci ha ricordato l’esistenza di una grande fetta di Chiesa che è già lì, al cospetto di Dio, proprio da questa vicinanza e piena comunione tra i santi e il Signore possiamo raccogliere la speranza per quanti sono morti, e per noi che siamo ancora in cammino. Una speranza che affonda le radici nel legame tra la Chiesa che è in cielo e quella sulla terra. È il Risorto ad aver stretto tale vincolo, ed è lui a tenerlo vivo. Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, morto e risorto, è asceso al cielo portando con sé la natura umana: egli ha così legato il materiale umano terreno e quello divino celeste, e la nostra comunione con lui gli permette di non interrompere questo legame. In tal modo, l’amore divino, che permea i santi e le sante del cielo, può circolare e irradiarsi su quanti, già morti, attendono la piena comunione con Dio, e su di noi che, ancora in cammino sulla terra, invochiamo l’intercessione dei nostri patroni e preghiamo a suffragio dei cari defunti.
Ciò che lega a sé, Gesù non lo lascia cadere nell’oblio. È lui stesso ad assicurarcelo quando dice che la volontà del Padre è «che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno» (Gv 6,39). La domanda, dunque, è se noi rimaniamo legati a lui o se, in un modo o nell’altro, ci sottraiamo a tale abbraccio. La speranza, quella vera, non viene meno e «non delude» (come ci ripete il Giubileo citando Rm 5,5), perché Cristo risorto è questa speranza. Ma affinché essa sia “nostra”, occorre che le permettiamo di contagiarci con il suo travaso d’amore e di vita eterna, scegliendo come bussola della nostra quotidianità lo stesso esempio di Cristo, condensato in pagine come l’elenco delle opere di misericordia (vedi Mt 25,31-46) o le beatitudini (vedi Mt 5,1-12a) — pagine che, non a caso, sono proposte per la liturgia del 2 novembre. Allora la comunione dei santi, che professiamo nel Credo, riguarda anche noi e ci innesta in una speranza solida, sicura, che non delude ma spalanca all’eternità.
