Intervista a Chiara Parisi, curatrice del Padiglione Vaticano alla Biennale di Venezia insieme a Bruno Racine

Con i propri occhi

L'arte come linguaggio che unisce e cura

Padiglione della Santa Sede, 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, "Con i miei occhi", installation view, ph. Marco Cremascoli

Alla Biennale Arte 2024 di Venezia – dal titolo Stranieri ovunque –  è presente anche la Santa Sede con il Padiglione intitolato Con i miei occhi. Il commissario è il cardinale José Tolentino de Mendonça – che abbiamo avuto il piacere di ospitare a Lodi per l’ordinazione episcopale di Mons. Pagazzi – mentre i curatori sono Chiara Parisi e Bruno Racine.  Il padiglione è stato allestito in un luogo molto particolare: la Casa di detenzione femminile della Giudecca.

Un luogo simbolico per i temi affrontati: i diritti umani e la figura degli ultimi, perno centrale del Pontificato di Papa Francesco, che ha visitato lo scorso 28 aprile il Padiglione, primo Pontefice della storia alla Biennale di Venezia. Lo stesso Papa Francesco, per rimarcare l’attenzione agli ultimi – nello specifico a chi è in carcere – ha dedicato nella Bolla di indizione del prossimo Giubileo, Spes non confundit, il paragrafo 10 ove si legge: “Per offrire ai detenuti un segno di vicinanza, io stesso desidero aprire una Porta Santa in un carcere, perché sia per loro un simbolo che invita a guardare all’avvenire con speranza e con rinnovato impegno di vita”.

  • Biennale Arte Venezia 2024 "Con i miei occhi" / foto di Philippe LévyCome approfondimento, abbiamo avuto l’occasione e l’onore di poter intervistare Chiara Parisi, curatrice del Padiglione vaticano, storica dell’arte e direttrice del Centre Pompidou-Metz. Dopo il dottorato all’Università La Sapienza di Roma ha insegnato Storia dell’arte moderna e contemporanea, Storia dell’architettura e del design industriale. Ha diretto la Monnaie de Paris e il Centro Internazionale d’Arte e di Paesaggio dell’isola di Vassivière in Francia.

 

 

La Chiesa ha spesso considerato l’arte Bibbia pauperum, come si colloca l’arte contemporanea in questa visione? Cosa c’è in gioco nella presenza del Vaticano alla Biennale di Venezia?

L’arte, come sostenevano greci e romani, è stata uno specchio della condizione umana, un mezzo per afferrare l’infinito attraverso il finito. Per la Chiesa, l’arte come Bibbia pauperum, uno strumento pedagogico capace di rendere tangibile l’intangibile. L’arte contemporanea, nel contesto del Padiglione della Santa Sede, porta avanti sicuramente un’eredità, ma che cambia secondo il punto di vista, con un linguaggio rinnovato. Non illustra ma interroga, invitando prima della riflessione all’azione. È un’arte che ci spinge a confrontarci con le realtà più nascoste della nostra società, invitandoci a partecipare attivamente alla trasformazione del mondo.

Come è nata la sua collaborazione come curatrice del Padiglione Vaticano? Come è nata l’idea di scegliere come luogo di esposizione la Casa di reclusione femminile?

È il frutto di un incontro con delle persone straordinarie: il Cardinale Tolentino de Mendonça, con il cui spirito e la sua mente illuminata ho avuto l’onore di dialogare, e Bruno Racine, che è stato ‘maestro’ per molti di noi nel campo curatoriale e museale, e con gli abitanti della Casa di reclusione femminile della Giudecca. Il desiderio è stato di abbattere i muri visibili tra l’arte e la vita, tra la libertà e la reclusione. In questo luogo, dove il tempo è sospeso e la vita è scandita dal giudizio e dalla speranza, l’arte trova una nuova dimensione, un nuovo pubblico. Le detenute diventano co-creatrici, protagoniste di un racconto di passione per la vita e la libertà. L’arte, così, non è più solo contemplazione, ma azione.

Il titolo che è stato dato al Padiglione: “Con i propri occhi” ci rimanda alla personale responsabilità nel farsi carico dell’Altro. Gli otto artisti coinvolti hanno potuto sperimentare a loro modo questa dimensione nell’incontro con le detenute, può approfondire questo aspetto?

“Con i propri occhi” è un invito a guardare la realtà con uno sguardo rinnovato, a vedere l’altro come parte di sé. Gli otto artisti invitati hanno vissuto questa esperienza come un viaggio interiore, un’immersione nelle vite delle detenute che ha arricchito il loro lavoro, e il nostro, di nuove sfumature. Questi incontri hanno permesso agli artisti di esplorare la dimensione della responsabilità e della solidarietà, rendendo l’arte un mezzo di dialogo. L’arte diventa così un ponte tra mondi diversi, un linguaggio che unisce e cura.

Biennale Arte Venezia 2024
Padiglione della Santa Sede, 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, “Con i miei occhi”, installation view, ph. Marco Cremascoli

Dal testo curatoriale scritto da lei insieme a Bruno Racine si legge della volontà di “Dimostrare fattivamente come l’arte possa cambiare la vita, cambiare il mondo in cui i visitatori guardano questo universo in linea di principio impenetrabile”. Una missione “evangelica”? È questo il senso di un’arte “impegnata”, lontana dallo stereotipo dell’arte fine a stessa?

L’arte, in questo contesto, diventa un atto di amore nella capacità umana di cambiare, di guardare oltre le apparenze. È un’arte che non si accontenta di essere bella, ma che cerca di dare voce a chi non ne ha, di trasformare la sofferenza in forza. In questo senso, è lontana dall’essere fine a sé stessa, perché è un’arte che ha un fine: la trasformazione del mondo… quello più vicino a te, a partire da un piccolo gruppo di persone, o anche di una sola persona.

Dal suo punto di vista, cosa ha significato la prima volta di un Pontefice in visita alla Biennale?

L’arrivo di Papa Francesco a Venezia, nella Casa di Detenzione femminile della Giudecca, un momento di felicità e di forza impressionanti! Il discorso del Papa alle detenute sull’importanza di guardare al futuro come una finestra aperta che dà su un’ancora e di ricordare che la dignità è un diritto inalienabile di ogni individuo… e la paura dei poveri, l’aporofobia… la presenza fisica del Santo Padre, la sua azione di andare verso la Biennale mostra l’importanza dell’arte contemporanea, che è viva e pulsante… non ho mai sentito tante volte pronunciare la parola ‘artista’ in un discorso che tocca il mondo intero.

  • Intervista a cura di Luca Servidati / Osservatorio Culturale. Si ringrazia in particolare S.E. Mons. Pagazzi, Segretario Dicastero per la Cultura e l’Educazione, e Francesca De Pra, Account Manager di CASADOROFUNGHER, per aver reso possibile l’intervista a Chiara Parisi.
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