Sono tornati ieri in tarda serata dalla Polonia i pellegrini lodigiani, accompagnati dal vescovo Maurizio, dopo aver trascorso sette giorni in quella che è stata la patria di san Giovanni Paolo II

Pellegrini di senso attraverso la fede dei santi

Un viaggio che ha visto i partecipanti diventare dei veri e propri pellegrini della Fede e della Storia

Giorni intensi e carichi di emozione che il gruppo di pellegrini ha vissuto visitando anzitutto i luoghi che hanno caratterizzato la vita di Karol Wojtyla prima di diventare il 264° successore dell’apostolo Pietro.

Anzitutto Wadowize, dove il papa polacco ha trascorso la sua infanzia e la sua giovinezza che hanno plasmato profondamente la sua umanità, rendendolo capace di entrare in comunione con tutti, indipendentemente dalle proprie origini e dal proprio credo religioso. Proprio l’amicizia con Jerzy Kluger, uomo di origini ebraiche, conosciuto nella città natale, avvicinò molto san Giovanni Paolo II al popolo ebraico, facendolo diventare uno dei pontefici più in sintonia con coloro che sono considerati “fratelli gemelli” dei credenti cristiani. Proprio il battesimo, ricevuto nella chiesa parrocchiale, che conserva al suo interno ancora il fonte battesimale di quell’epoca, ha immerso Giovanni Paolo II “nelle sante origini, che hanno in sé il seme sicuro del compimento…e che costituiscono le radici che danno prospettiva al vita” come ha ricordato il vescovo Maurizio durante l’omelia celebrata proprio in quella Chiesa Parrocchiale.

Nella Polonia occupata dal regime nazista, Karol Wojtyla, negli anni della sua giovinezza, si adoperò moltissimo per aiutare gli Ebrei che venivano sistematicamente perseguitati ed imprigionati nel vicino campo di concentramento di Auschwitz, simbolo “della perversione di una impossibile superiorità, che divenne demoniaca e criminale , follia che colpiva a morte proprio l’umano”, come ha sottolineato il vescovo Malvestiti in un passaggio della sua omelia tenuta durante la suggestiva eucaristia celebrata a Czestochowa davanti alla sacra icona della “Madonna nera di Jasna Gora”.

In quel che rimane del disumano luogo che ha visto la morte di migliaia di vite innocenti, i pellegrini di Lodi, con il loro vescovo, hanno fatto memoria di tutte le vittime della follia umana, comprese le figure di san Massimiliano Kolbe e di Edith Stein, santi canonizzati proprio da san Giovanni Paolo II, che persero la vita nel campo si sterminio di Auschwitz.

Camminare lungo le banchine ferroviarie dove i soldati nazisti selezionavano I deportati, avviandone alcuni direttamente alle camere a gas ed altri ai lavori forzati, ha permesso ai pellegrini di “fare memoria” per non dimenticare e sopratutto per far sì che tutto ciò non si ripeta. Del resto era stato lo stesso generale Eisenhower che, all’indomani della liberazione del famigerato campo di sterminio, aveva invitato i suoi subalterni a documentare tutto, affermando: “Che si abbia il massimo della documentazione possibile – che siano registrazioni filmate, fotografie, testimonianze – perché arriverà un giorno in cui qualcuno si alzerà e dirà che tutto questo non è mai successo”.

A fare da contro altare alla desolazione di Auschwitz è stato il santuario di Czestochowa, con la bellissima effige di Maria capace di dare serenità a coloro che la contemplano nel silenzio del santuario in cui si riversano ogni giorno migliaia di fedeli.

Ad Auschwitz il naufragio sconvolgente dell’umano e a Jasna Gora (chiaro monte) la misericordia che tutto riscatta nel Figlio di Dio e della Madre nostra Regina. E’ la sintesi di questa giornata. Il silenzio e’ la risposta all’abisso del male più incredibile (in silentio et spe)”: sono state queste le parole del vescovo Maurizio durante l’omelia tenuta davanti all’immagine di Maria, commentando il salmo 41 che afferma “l’abisso chiama l’abisso”.

Solo un amore profondo come l’abisso può colmare l’abisso del male.

Proprio a fianco della sacra immagine della madonna di Czestochowa è stata posta la fascia insanguinata della veste che papa Wojtyla indossava in quel mattino di maggio in cui la sua vita fu messa a repentaglio dalla mano di uomini senza scrupoli. Quella fascia insanguinata ha ricordato ai pellegrini lodigiani che il cristiano è chiamato a seguire Gesù sulla via della croce, pronto a donare la propria vita per la salvezza degli altri, perché il Signore “è puro donarsi e non si dà se non in pienezza”.

Sono state queste le parole pronunciate dal vescovo durante la celebrazione eucaristica tenutasi all’interno del santuario che ricorda san Massimiliano Kolbe, frate francescano morto nel campo di concentramento di Auschwitz nell’agosto del 1942 per essersi offerto in sostituzione di un prigioniero condannato a morte in seguito alla fuga di alcuni detenuti del campo.

Un gesto eroico, quello di fra Massimiliano, che sorprese persino i suoi stessi aguzzini, increduli di fronte a un così estremo gesto di generosità. Ma per il cristiano non ci sono limiti all’amore, perché, come ha ricordato il vescovo di Lodi, l’amore di Dio è sempre “senza limite, senza riserva e senza misura.”

I pellegrini lodigiani partiti per la Polonia hanno concluso il loro itinerario a Varsavia, città martire, che durante la seconda guerra mondiale pagò un prezzo altissimo per non essersi arresa al potere nazista. La deportazione di miglia di Ebrei, rinchiusi nel famoso “ghetto di Varsavia” e deportati poi nei campi di sterminio, come la distruzione sistematica degli edifici del centro storico sono tra le pagine più buie della storia europea, che dovette pagare un prezzo altissimo alla follia del nazi-fascismo.

A Varsavia il gruppo di pellegrini ha concluso il suo itinerario di visite incontrando il cardinal Nycz, vescovo della capitale polacca, nominato proprio da san Giovanni Paolo II, che ebbe modo di conoscere durante gli anni di formazione proprio a Cracovia. Il porporato ha ricordato comela storia della Polonia, segnata da tante fatiche e sofferenze, sia stata illuminata dell’esempio straordinario di san Giovanni Paolo II, uomo che fece conoscere la nazione polacca in tutto il mondo.

Un viaggio, quello in Polonia, che ha visto i partecipanti diventare dei veri e propri pellegrini della Fede e della Storia, capaci di immergersi nel mistero di Dio, così come nei misteri dell’uomo, pronto ad essere nello stesso tempo dispensatore di bene, come artefice del male. Un itinerario, quello percorso insieme al vescovo Maurizio, che ha consentito di scoprire che quando si viaggia non si è semplicemente dei turisti e dei viaggiatori, ma si può diventare pellegrini alla ricerca di senso, uomini e donne capaci di scoprire il mistero di Dio, che è amore, nei luoghi, nelle persone e negli avvenimenti della storia, che altro non sono che gli spazi in cui egli salva ciascuno di noi.

di don Stefano Chiapasco

condividi su