Sabato pomeriggio oltre 4000 persone per la Santa Messa e la processione a chiusura del Congresso

Uniti a testimoniare la gioia di essere Chiesa eucaristica e sinodale

La speranza dalla piazza gremita

Un anno fa, ogni sessione del Sinodo diocesano si apriva con un momento solenne: il vescovo portava ai piedi dell’altare il Vangelo, come a dire che il Sinodo non è un “parlamento”, ma un momento di comunione a partire dalla Parola. Ma la Chiesa non si fonda sulla sola Parola, bensì anche sull’altra radice inestinguibile dell’essere cristiani, quella del sacramento eucaristico.

Così, ripartendo dalle sue radici, dalla Parola e dal sacramento, la Chiesa laudense ha guardato dentro di sé per ritrovare la profondità della fede e ripartire, come Chiesa eucaristica e sinodale, aprendosi con nuovo slancio verso un mondo che sta cambiando e che chiama i cristiani a una testimonianza difficile, ma sempre più necessaria. Una testimonianza che si compie ogni giorno nel servizio ai più fragili (pensiamo alla Casa San Giuseppe e all’impegno portato avanti ogni giorno per gli ultimi); una testimonianza che si compie in quella evangelizzazione quotidiana che ogni cristiano dovrebbe portare avanti con il suo esempio nei luoghi di lavoro, nella famiglia, nella società. Ed è stata senza dubbio una testimonianza forte anche quella di sabato pomeriggio.

Perché, nel 2023, il sabato pomeriggio la piazza è occupata dai tavolini dei bar, dagli aperitivi, dai gelati, e purtroppo talvolta anche da episodi tristi di una “movida” che perde di vista i valori più veri. Sedersi in piazza per partecipare alla Messa, per pregare insieme davanti a tutta la città, diventa un atto rivoluzionario, diventa un atto di fede e di coraggio. Una testimonianza. Della possibilità di far convivere la vita con una fede vissuta come gioia piena, come speranza concreta, come entusiasmo che si rinnova ogni giorno. Possono sembrare parole vuote, ma davvero guardando i volti che animavano quella piazza, prima della cerimonia, si aveva la percezione di essere parte di un momento di gioia: cercare il parcheggio, camminare, incontrarsi, salutarsi, trovare il proprio posto, ascoltare le prove, fare la propria parte per contribuire all’organizzazione. Sentirsi, alla fine, parte di una famiglia grande e unita nelle sue diversità, nelle sue peculiarità, così come nelle sue difficoltà e fragilità. Ognuno era un tassello di questo mosaico che ha riempito la piazza, radunato con gioia intorno all’Eucaristia: tutti infatti ha raccolto il vescovo nel suo saluto iniziale, in un abbraccio che trae forza proprio dalle braccia aperte del Crocefisso, e raccontando l’importanza della gioia piena che da esso emana: «Abbiamo un forte debito di gioia col Signore e in questa celebrazione cerchiamo di restituire qualcosa per dare consolazione e incoraggiamento all’intera terra lodigiana, convinti che solo la gioia del Signore può essere la nostra forza». Tutti i presenti, ma simbolicamente anche tutti i fedeli della diocesi, a partire dai giovani, dai più fragili, dagli ammalati, dagli anziani, dai reclusi, e poi tutta la famiglia umana: tutti sono così radunati intorno all’Eucaristia come i dodici apostoli nel cenacolo. Come simbolo di questa centralità del mistero eucaristico, sotto l’altare allestito per la Messa è stato riprodotto il bassorilievo che campeggia all’interno della cattedrale, portato dall’antica Laus quando fu costruita la nuova Lodi. Una verità che prosegue nei secoli superando la storia, a partire da quel comandamento di Cristo: «Fate questo in memoria di me».

«Abbiamo ricevuto anche noi quello che siamo chiamati a trasmettere – ha detto il vescovo durante l’omelia -: il Signore Gesù si consegnò definitivamente al Padre e a noi nel suo Corpo e Sangue, lasciandoci un comando colmo di amore. Purificati da Gesù, nutriti e dissetati di Lui, possiamo amare Dio e il prossimo, come siamo stati amati ». Da questa verità è indispensabile ripartire se si vuole essere Chiesa “in uscita”, perché anche la carità non sia vuota, ma sia una forma di testimonianza ispirata da Cristo, che è in grado di entrare nel cuore di ciascuno con la forza del suo sacrificio che va oltre l’umano. Sovrumano come quel silenzio, come la profondissima contemplazione che ha pervaso le migliaia e migliaia di giovani che hanno partecipato alla Giornata mondiale della Gioventù durante l’adorazione eucaristica, poche settimane fa a Lisbona, e che il vescovo ha ricordato con affetto. Lo stesso silenzio è calato durante la Messa, sabato pomeriggio: nonostante la piazza fosse affollata, il clima di raccoglimento è stato totale, e ha contagiato anche i passanti e tutti i presenti nelle vie del centro storico. Sicuramente in tanti, tra i passanti del sabato pomeriggio, si sono chiesti il perché di questa celebrazione.

«Chi sono questi amici riuniti in piazza? Si prendono un sabato perché ne attendono un altro senza sera? Chi sono? Qual è il loro vero perché, capace di raccoglierne la vita? Un Libro, un Pane, un Calice? Un Nome? Tutto questo. Ma tutto questo richiama il vero perché dei cristiani: il loro perché è il Vivente, il Crocifisso Risorto, che è in mezzo a noi. L’Unico Dio, Adorabile e Affidabile, che nelle Tre Persone Divine è Amore, Vita, Misericordia senza fine per l’unica famiglia dei figli di Dio, che siamo noi con tutta l’umanità, indistintamente. Il vero perché dei cristiani è il Signore, nel quale viviamo, ci muoviamo e siamo. Eternamente». Questa risposta era racchiusa nel silenzio orante cui, però, deve far seguito la capacità di rimettersi in cammino, tra la gente, nel mondo. Come i due discepoli di Emmaus che, proprio mentre camminavano, sono stati affiancati dal Signore: «Ci affascinerà “lungo la via” dell’esistenza, facendosi riconoscere nello spezzare il pane per rimandarci a Gerusalemme dagli apostoli coi quali ripartire verso la città celeste. Con cuore ardente, anche noi ripetiamo al Signore: “Resta con noi”, affinché la precarietà non ci travolga e piuttosto la stessa debolezza divenga il campo della missione, che cambia la storia». L’invito del vescovo Maurizio è semplice, poiché è l’invito alla santità evangelica, che non è mai un obiettivo troppo grande poiché sostenuto dalla mano amorevole di Cristo: «Usciamo con Gesù dalle nostre indebite sicurezze per entrare nel dolore e nel morire da risorti, in contrandolo sulle strade della quotidianità. Ogni sosta eucaristica rinfrancherà il nostro cammino verso la Pasqua eterna. Lo condividiamo nella speranza, nonostante ogni fatica, perché Cristo è già il cuore del mondo».

di Federico Gaudenzi

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